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Naomi Osaka, la samurai d’America che fa impazzire il Giappone

Naomi Osaka - Foto Ray Giubilo

Naomi Osaka sognava di sfidare Serena Williams in un match così importante ma probabilmente non l’aveva immaginata così. Gli Us Open 2018 incoronano un’altra classe 1997 come campionessa Slam (dopo Jelena Ostapenko lo scorso anno al Roland Garros) e tendono la mano ad un ricambio generazionale tra le donne decisamente più vicino rispetto al circuito maschile. Naomi Osaka, sedici anni più giovane di Serena, ha dichiarato a più riprese di essere stata ispirata dalle sorelle Williams nella sua infanzia. Lei – cognome e occhi a mandorla che rimandano inevitabilmente all’Oriente di mamma Tamaki, capigliatura afro-americana e ‘colorito’ che appartengono a papà Francois di Haiti – è uno dei tanti prodotti più riusciti del melting pot.

Naomi dall’età di 3 anni vive in Florida, mastica la lingua giapponese ma preferisce parlare inglese, eppure chissà che piega avrebbe preso la finale di Flushing Meadows senza calma e freddezza tipiche del Sol Levante. Vent’anni e non sentirli, persino quando il suo idolo di sempre inizia a far le bizze scagliandosi contro il giudice di sedia, portando il pubblico del monumentale Arthur Ashe dalla sua parte, provandole tutte per cambiare l’inerzia di una partita che l’avrebbe consacrata una volta di più alla storia. Le gambe, forti come quelle di papà Francois, non hanno tremato e pazienza se l’inciviltà del pubblico americano le ha rovinato la festa, facendo arrivare addirittura qualche fischio durante la premiazione. Naomi non ha alcuna colpa, se non quella di essere già così pronta per questi livelli: anche lo sparring partner Sascha Bajin ha confessato di aver visto raramente un peso di palla tale tra le donne. E se lo dice uno che ha lavorato per tanti anni con la stessa Serena Williams c’è davvero da fidarsi.

Naomi d’altronde si era già palesata agli occhi dei più vincendo il “quinto Slam” a Indian Wells lo scorso marzo, l’antipasto prima del trionfo agli Us Open. Nel mezzo l’inevitabile periodo di assestamento caratterizzato da alti e bassi. Lei, che in California aveva strappato un sorriso a tutti nel discorso a fine torneo con un imbarazzato “è il peggiore di sempre”, adesso comincia a prenderci gusto. Stralunata e simpatica nonostante le apparenze, mai arrogante nonostante i pesanti risultati che iniziano ad arrivare, Naomi irrompe in top-10 e punta un posto nelle Finals di fine anno e fa sognare il Giappone. Nonostante le barriere culturali, la Osaka si è fatta sempre più strada nel cuore dei connazionali: sono lontane le polemiche per la scelta di rappresentare il paese asiatico all’età di 13 anni – etichettata da alcuni come di comodo per un ruolo di spicco a Tokyo 2020 -, adesso ciò che conta è il primo Slam vinto nella storia dal Giappone, con complimenti annessi della ‘star’ Kei Nishikori fermatasi “solamente” in semifinale nel torneo maschile. Non si poteva sperar di meglio.

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