Editoriali

Spagna, quel paese ingovernabile che ha perso anche la magia del pallone

Il leader di Podemos, Pablo Iglesias - Foto Podemos CC BY 3.0

Non Podemos. La Spagna ha perso due volte, alle urne e sul campo. Il paese, senza stabilità politica all’indomani delle seconde elezioni amministrative in sei mesi, oggi scopre anche di non essere più invincibile a livello europeo. Era questo l’unico appiglio che le restava per fare la voce grossa in campo internazionale.

Ingovernabile, priva di un partito che abbia raggiunto la maggioranza relativa in Parlamento. Poco gradevole durante la partita, dove la congestione del tiki-taka sulla trequarti ha bloccato il gioco, come un ostinato ostruzionismo. Il voto politico ha fatto segnare un pareggio. La gara di oggi, una sconfitta senza appello.

Il vento di cambiamento di Pablo Iglesias, nonostante l’alleanza con Izquierda Unida, si è arenato come le sgroppate di Nolito, la giovane novità in una nazionale collaudata per vincere. Il centrismo di don Andrés Iniesta, pur marcando una buona prova a livello individuale (proprio come l’ex premier Mariano Rajoy), non riesce a emergere e a far da guida. Niente grande coalizione, il canto del solista si perde in una parata neanche tanto difficile di Gianluigi Buffon.

La difesa operaia delle Furie Rosse è sembrata imborghesita, come il Partito Socialista guidato da Pedro Sanchez. Resiste sì al possibile sorpasso delle nuove generazioni (Piqué e Sergio Ramos fanno coppia fissa da una vita, con buona pace di Shakira), ma non è la vera alternativa: i fasti dei successi blaugrana-madridisti hanno fatto perdere smalto e fame a chi, in passato, lottava con il coltello tra i denti.

I vari ciudadanos Busquets, Pedro e Aduriz, chiamati a far pendere l’ago della bilancia verso una stabile alleanza di governo (tra centrocampo e attacco), arretrano e giocano peggio che in passato. Non saranno loro a decidere i destini sportivi della Spagna, così come è chiaro che non sarà la formazione di liberisti ripuliti di Albert Rivera a dettare l’agenda di governo.

Le ramblas di Barcelona e le calles di Madrid, oggi, sono vuote e silenziose. La Spagna, ai tempi di Brexit, vive ancora una volta l’incubo della stasi. E nemmeno può consolarsi con le reti dei suoi beniamini, vittime di un’uscita anticipata (e non prevista) dall’Europa.

 

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