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David Pasqualucci: “Sogno l’oro sin da piccolo, un’esclusione farebbe male”

David Pasqualucci

David Pasqualucci ha solo 19 anni eppure è una delle grandi speranze di medaglia per l’Olimpiade di Rio 2016. Laziale, di Genzano, si è trasferito a Cantalupa, in provincia di Torino, per potersi allenare con maggiore intensità e frequenza. Dopo una straordinaria carriera da junior sembra essersi meritato il posto nella squadra che andrà a rappresentare l’Italia a Rio, anche se i prossimi mesi saranno quelli decisivi che porteranno il commissario tecnico Wietse Van Alten alla scelta definitiva. David Pasqualucci, che si è raccontato in esclusiva ai “microfoni” di Sportface.it,  è stato determinante nel recente secondo posto dell’Italia nella prova a squadre dei mondiali di Copenaghen, nella quale ha gareggiato assieme a Michele Frangilli e Mauro Nespoli, e da domani sarà impegnato ai mondiali indoor di Ankara, dove sarà impegnata anche Guendalina Sartori, altra punta di diamante dell’arco azzurro.

David, quanto nasce la passione per l’arco?
“E’ nata per caso. Vicino a casa mia, a Genzano, c’era un campo dove si praticava tiro con l’arco. Ci passavo davanti tutti i giorni. Una volta ho deciso di provare, ma solo per gioco o forse per curiosità. Mi è subito piaciuto e soprattutto ho dimostrato di avere delle noti naturali perché sono diventato subito bravo, molto più di tanti altri miei amici che avevano cominciato prima di me. Allora ho iniziato ad andare a tirare tutti i giorni, mi sono appassionato sempre di più, fino a che mi hanno notato dei tecnici federali che mi hanno iscritto ad alcune gare nazionali e poi mi è arrivata la proposta di trasferirmi al centro tecnico per allenarmi con i migliori d’Italia”.

Quando è arrivata la decisione di trasferirsi dal Lazio al Piemonte?
“A settembre 2014 mi sono trasferito da Genzano a Cantalupa per potermi allenare al centro tecnico federale, con i migliori preparatori d’Italia, per poter provare a inseguire il sogno di partecipare all’Olimpiade e alle più importanti gare internazionali”.

Quanto tempo della giornata è dedicato agli allenamenti?
“Normalmente facciamo tre ore al mattino e tre ore al pomeriggio con l’arco e poi anche un po’ di palestra, quindi complessivamente sette ore e mezza al giorno di allenamento”.

Pesa qualche volta fare tutti questi sacrifici, oppure la prospettiva di fare bene ai Giochi Olimpici rende meno faticoso lo sforzo?
“Sicuramente i sacrifici sono tanti, ma ho fatto questa scelta ormai qualche anno fa, ne sono pienamente consapevole. Io penso sempre che i sacrifici e il duro lavoro possano portarmi delle soddisfazioni e delle ricompense in termini sportivi e allora si sente meno la fatica e anche la mancanza degli amici”.

Grande arciere da junior, un predestinato ai grandi successi. Pressione?
“Non sento pressione. Mi fa tanto piacere avere qualche “fan” che segue i miei risultati e mi fa i complimenti quando faccio bene. Quando sono in pedana non penso alle aspettative ma solo a centrare il bersaglio, non ho problemi di pressione”.

Da protagonista dell’argento nel mondiale a squadre di Copenaghen, quali sono stati i momenti più importanti vissuti in Danimarca?
“I momenti che ricordo con maggiore piacere sono legati al fatture umano. E’ stato il mio primo mondiale da senior, ero il piccolino del gruppo, il nuovo che aveva sostituito un grande campione come Marco Galiazzo, eppure sono stato accolto davvero benissimo dai miei compagni di squadra Michele Frangilli e Mauro Nespoli e da tutti i tecnici. Sono stato davvero piacevolmente sorpreso dallo splendido rapporto che si è creato tra tutti noi, già iniziato durante gli allenamenti e concretizzato in questa e nelle altre trasferte che abbiamo fatto assieme”.

Nell’argento mondiale è maggiore la soddisfazione per il secondo posto o il rimpianto per non aver vinto l’oro?
“Se devo essere sincero, appena finita la finale ero arrabbiatissimo, pensavo che avevamo perso e basta. Poi, col passare del tempo, ho iniziato a metabolizzare la sconfitta in finale e quindi, a mente fredda, posso dire di essere assolutamente soddisfatto dell’ultima edizione dei mondiali, intanto perché abbiamo ottenuto la qualificazione alla Olimpiade e poi per il secondo posto finale, che è comunque un risultato di grandissimo prestigio”.

Il tiro con l’arco è un insieme di tecnica e nervi saldi. Quanto conta la freddezza nei momenti decisivi?Avete anche un supporto specifico che segue la parte psicologica di questo sport?
“Sì certamente, c’è una componente emozionale che ha la sua importanza. Il tiro che vale la medaglia o l’eliminazione è evidente che porta con sé un’alta componente di stress, che dobbiamo essere bravi a dominare. Sicuramente non è uno sport per persone che non riescono a controllare i nervi al cento per cento. Nella preparazione ci segue anche uno psicologo sportivo e facciamo con lui diversi esercizi per aumentare la freddezza nei momenti topici”.

E’ quindi più importante la componente tecnica o quella emozionale?
“Sono entrambe importanti e necessarie per arrivare a competere nelle manifestazioni internazionali, ma ritengo che sia decisamente più rilevante la componente tecnica. Se non hai la tecnica non arrivi comunque in fondo alle gare. Se arrivi in fondo allora in quel momento devi anche saper tenere i nervi saldi”.

Il sogno di ogni sportivo è partecipare ai Giochi Olimpici…
“E’ dal giorno che ho tirato per la prima volta con l’arco da bambino che sogno di andare all’Olimpiade. Spero davvero di poterci essere”.

Come prenderesti una eventuale esclusione?

“Ovviamente ci rimarrei male, ma nell’eventualità la prenderei con filosofia e diventerebbe uno stimolo per il futuro”.

Sicuramente è un sogno partecipare, ma, almeno al tuo livello, sono convinto che il pensiero sia rivolto anche alle medaglie.
“Assolutamente sì. Quando si inizia a sognare, credo sia giusto farlo in grande. Mi sto allenando con costanza e passione non solo per partecipare ai giochi di Rio, ma anche per vincere. E’ quello il mio vero grande obiettivo, la vittoria della medaglia d’oro olimpica”.

Una o due medaglie al collo?
“L’Italia ha una grande tradizione olimpica nel tiro con l’arco. Sono cinque edizioni consecutive che si vince qualche medaglia. Spero davvero che si possa continuare la tradizione e che io possa essere decisivo nella prova a squadre. Poi nell’individuale sono pronto a giocarmela con tutti”.

Quali sono gli avversari più pericolosi?
“I coreani e gli statunitensi soprattutto, ma a differenza di alcuni anni fa quando c’erano solo 5-6 nazioni che si giocavano le medaglie, adesso la sorpresa è sempre dietro l’angolo e quindi bisogna fare molta attenzione anche nei primi turni, dove un piccolo calo di concentrazione più davvero costare l’eliminazione”.

Conoscete il campo di gara o sarà una sorpresa?
“Il campo lo abbiamo visto a ottobre. Siamo andati, con tutti i migliori del mondo, a fare una gara preolimpica, come si fa sempre nell’anno che precede l’Olimpiade, ma il giorno della vera gara olimpica sarà tutta un’altra atmosfera e ci sarà tutta un’altra tensione”.

Infine vuoi ricordare chi sono gli allenatori che ti hanno seguito nella crescita sportiva…
“Il primo allenatore che mi ha seguito fin da quando ho iniziato a praticare questo sport da bambino a Genzano è stato Fabio Pivari, a lui devo davvero tantissimo, soprattutto la passione che mi ha trasmesso per questo sport. Ora al centro tecnico federale di Cantalupa lavoro con il commissario tecnico della nazionale Wietse Van Alten e con i tecnici Ilario Di Buò e Matteo Bisiani, che sono stati grandi arcieri del recente passato”.

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