A pochi giorni dall’inizio degli Internazionali Bnl d’Italia abbiamo avuto il piacere di intervistare Tathiana Garbin, ex tennista con un passato da top 25 del ranking Wta e oggi responsabile del progetto over 18 femminile della FIT. In questa piacevole chiacchierata ci siamo soffermati sul futuro del tennis in gonnella azzurro alla luce di quanto successo in Fed Cup. Su chi puntare per il tanto acclamato ricambio generazionale?
Parliamo della Fed Cup: l’Italia è retrocessa dopo 18 anni, quali sono le tue impressioni dopo la sfida con la Spagna? Per alcune delle ragazze si tratta della fine di un’era?
Devo dire che le ragazze non sono state troppo fortunate in questo girone perché abbiamo giocato contro la Francia e poi per non retrocedere, contro una delle squadre più forti al mondo, cioè la Spagna con due top 10 che giocavano sicuramente il singolo. Per questo è stato un percorso sfortunato però son stati 18 anni favolosi e certamente queste ragazze hanno scritto la storia del tennis e meritano di entrare nella storia dopo aver vinto titoli, finali ed essersi sempre qualificate in maniera egregia in questa competizione. Adesso ci può stare una piccola defaillance. Probabilmente è una fine di un’era perché molte di loro ormai sono grandi e sappiamo che entro 2-3 anni potrebbero finire di giocare, speriamo mai perché io tifo sempre per loro. Abbiamo due ragazze giovani, sia Karin Knapp che Sara Errani, che possono ancora dire la loro in questa competizione.
Aggiungerei anche Camila Giorgi…
Sì, speriamo perché è un peccato che finisca così. Lascia un po’ l’amaro in bocca…
Per quanto riguarda il ricambio generazionale, senza fare nomi in particolare, pensi che queste ragazze un domani possano essere più o meno all’altezza di quelle di oggi?
Secondo me sì, c’è ancora molto lavoro da fare ma la Federazione si sta impegnando molto con queste ragazze e c’è tanta attenzione proprio perché vogliamo raggiungere dei buoni risultati con loro sfruttando anche il know how di ex tennisti che adesso sono diventati allenatori come me. Vogliamo ricreare quello che c’è stato e lo facciamo con tanta passione.
Matteucci, Caregaro, Ferrando, Jessica Pieri che in questo inizio di 2016 ha iniziato piuttosto bene ed ha fatto anche scelte coraggiose come quella di andare a giocare qualche quali di tornei di maggior spessore. Senza dimenticarci di Trevisan, Paolini e Burnett. Anche se è difficile fare pronostici, qual è la tua previsione? Top 100? Top 50?
Sì, l’obiettivo è sicuramente quello. Sono tante e sono giocatrici di valore e secondo me hanno tutte grandi possibilità di emergere e poter competere ad alto livello. Serve un po’ più di continuità per alcune perché sono reduci da infortuni vari quindi alcune hanno avuto problemi per esempio la Matteucci, la Paolini, la Trevisan, e questo non ha permesso loro di avere una sorta di continuità di gioco e prepararsi adeguatamente per andare a giocare tornei più importanti. La Ferrando è una giocatrice molto giovane che ha iniziato a fare le cose un po’ più seriamente da 2 anni, è giovanissima e ha delle qualità incredibili. Stessa cosa vale per Caregaro e Burnett che hanno giocato in Fed Cup e hanno avuto l’opportunità di fare quest’esperienza importante perché secondo me avere già la possibilità di rimanere con questa squadra, rapportarsi e conoscere un po’ di più queste ragazze è fondamentale. Infatti speriamo nella prossima Fed Cup di mandare anche una di queste giovani ragazze per fare questa grande esperienza che è fondamentale.
Fammi dare un po’ i numeri: Vinci era la numero 116 a 20 anni, Schiavone 80, Pennetta 95, Errani 80, ma soltanto l’anno prima ci sono almeno un cento posizioni di differenza: la Pennetta ad esempio a 19 anni era alla 292esima posizione del ranking. Le nostre ragazze non hanno questa classifica però solitamente siamo un popolo di tennisti che esplode tardi rispetto ad altre nazionalità.
Assolutamente sì, siamo molto più longevi. Siamo giocatrici che raggiungono la loro miglior classifica in età più avanzata. C’è da dire anche che il ranking rispetto a questi anni qui è un pochino cambiato: i punti del ranking sono molto più difficili da prendere infatti ci sono pochissime junior che poi riescono ad emergere ed entrare in top 100 in 1-2 anni mentre prima era molto più semplice. Ci possono essere uno, due esempi eclatanti come la Konjuh e la Gavrilova che lo scorso anno ha fatto un exploit pazzesco ma sono casi davvero eccezionali. E’ più facile adesso che la maturità la raggiungano proprio adesso a 22-23 anni e per questo che la Federazione ha iniziato anche ad aiutare le ragazze che crescevano come ad esempio la Matteucci, la stessa Trevisan seguita dalla Federazione e che hanno già raggiunto i 18 anni e stanno provando a percorrere questa strada che è più difficile dal compimento dei 18 anni al raggiungimento del 23esimo anno di età. E’ per questo che la Federazione sta cambiando strategia investendo anche molti soldi in queste ragazze anche se sono un po’ più grandi.
Tu sei dunque del partito “L’importante è arrivare, non importa quando?”
Sì, si cerca di farlo il prima possibile. La nostra conoscenza, secondo me, deve valere soprattutto per questo: noi siamo a contatto con le ragazze, conosciamo i problemi anche mentali che affrontano in diversi momenti della loro carriera e possiamo aiutarle in questo senso ed è per questo che si frutta questo know how per far sì che non arrivino a 26-27 anni come abbiamo fatto noi, ma magari prima.
C’è un modello di Federazione straniera a cui guardare come punto di riferimento e che porta buoni risultati? L’Italia a cosa dovrebbe puntare?
Quello che sta facendo la Federazione secondo me è la cosa giusta da fare: investire sugli ex giocatori e portare la loro conoscenza alle giovani leve, faccio un esempio: una Pennetta potrebbe essere di estremo aiuto per il nostro movimento tennistico. Per esempio in Francia tutte le mie ex colleghe sono rivolte verso le ragazze giovani e cercano di dare una mano al movimento juniores. Non è per elogiare il nostro operato ma anche la Federazione sta facendo un grosso sforzo in maniera capillare. L’Italia in generale sta cercando anche di raggiungere i piccoli borghi in modo che si possano unire le forze ed avvicinarsi il più possibile all’ente federale, che può essere un centro periferico rivolto ai ragazzini più giovani che possono lavorare bene anche lì.
Non si corre il rischio di mettere un po’ di pressione addosso ai ragazzi quando iniziano ad ottenere successi di peso già in giovanissima età?
Sì, bisogna stare attenti. Io spero che non raggiungano mai dei risultati elevati troppo presto perché poi si creano molte aspettative e diventa difficilissimo riuscire a lavorare bene con queste ragazzi perché talvolta, se non sono seguiti bene, si montano un po’ la testa, credono di essere già arrivati quando magari sono proprio nel pieno del loro inizio di lavoro che non hanno nemmeno iniziato. E’ molto difficile trovare un compromesso giusto però tante volte è meglio avere pazienza e lavorare bene. Io sono molto contenta di lavorare con le nostre ragazze perché non abbiamo fenomeni però si può lavorare con tanta umiltà.
Si nota infatti un bel feeling nel gruppo: è questa la base del successo?
Sì, è fondamentale che ci sia un buon rapporto con le giocatrici e che si crei quel feeling che è importante per ricevere i giusti stimoli e migliorarsi nel proprio percorso. Questa è una cosa importantissima.