“Il calcio è semplice ma è difficile giocare semplice? La semplicità è sottovalutata, la normalità la chiamava Spalletti, quando ci chiedeva cose a livello calcistico, parlando di atteggiamenti. Viene sottovalutato, l’ultimo è Rodri che ha vinto il Pallone d’oro giocando una posizione atipica per chi vince il Pallone d’oro. Lui gioca semplice, ma farlo come lui richiede mille altre cose e mille pensieri in momenti in cui lui non è inquadrato. A volte ai figli facciamo regali incredibili, ma dopo aver scartato dieci regali li trovi a giocare con una trottolina. Le cose semplici sono sottovalutate”. Lo ha detto l’ex allenatore e calciatore della Roma, Daniele De Rossi durante lo ‘Sport Industry Talk’ organizzato da Rcs al MAXXI di Roma: “Nella mia seconda esperienza da allenatore sono entrato nello spogliatoio da ex capitano e per alcuni calciatori della Roma ero un amico. In questo caso devi cercare di star loro vicino, senza però dare troppi spazi. Devi saper leggere le persone intorno a te, gestendo e accompagnando gli stati d’animo sia dei membri dello staff sia dei giocatori. Senza conoscenza calcistica non vai da nessuna parte, ma la gestione delle risorse umane e del gruppo è molto importante”.
E ancora: “Solo la vittoria rende felici nello sport? No, la vittoria rende belli, intelligenti, furbi, ascoltabili e credibili. Forse il più grande esempio è Gasperini perché quello che ha fatto è incredibile, ha cambiato vita ad un club e alla città, prendendo una squadra che faceva l’ascensore tra A e B con grande dignità e ora è club di prima fascia – ha detto sull’allenatore dell’Atalanta -. Adesso è un personaggio affascinante dopo aver vinto l’Europa League, ma a volte finali del genere le perdi anche per un rigore o un episodio e non cambia niente nel tuo percorso. Lo stesso è successo a Spalletti dopo lo Scudetto. Per me il percorso è la cosa più affascinante, non ho vinto tantissimo a livello di club, ma ho vinto il Mondiale e non ricordo quel trionfo con più affetto e brividi rispetto all’Europeo del 2012 quando perdemmo in finale contro una squadra di marziani. Per me la vittoria non rende felici, ma intorno a me percepisco che chi vince può dire una parola in più”, spiega.
Sulle vittorie nel tennis: “Riforme da introdurre nel calcio? Dico sempre quel che penso, tenderei a non sparare un proposito visto che non ho i mezzi per trovare una soluzione. Ci siamo avvicinati al mondo del tennis da italiani un po’ perché stiamo vincendo ma anche per come stiamo vincendo, per la faccia di chi sta vincendo sempre e perché ci sono ragazzi giovani all’altezza che lottano per il nostro paese. Il mondo del calcio, essendo così tanto popolare, è tirato per la giacchetta dagli interessi di chi comanda e del tifo – spiega -. Quel che è buono per la propria squadra, dirigente o tifoso, è più interessante. Siamo attratti dallo spettacolo ma soprattutto dal tornaconto, economico nel caso di un dirigente e sportivo nel caso di un tifoso. Quando vince Sinner siamo felici, quando vince in Coppa Davis lo siamo ancora di più – aggiunge De Rossi con un altro parallelismo tra calcio e tennis -. Per chi tifa, avere qualcosa in cui rivedersi e sentirsi rappresentati, è importante. Non è l’unica cosa, ci sono tanti atleti che rappresentano degnamente la squadra che li paga, pur non essendo ‘one club man’, ma ha un sapore particolare vedere persone che giocano tutta la loro carriera in una squadra, pur avendo tentazioni da altre parti”.