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Volley, Velasco al ‘Corriere’: “Le donne imparano straordinariamente in fretta”

Velasco
Velasco - Foto Tarantini/Fipav

“Il mio primo ricordo è mia madre che cucina o corregge i compiti degli alunni. Papà? Mamma ci sedette sul letto e ci diede la notizia della sua morte, io rimasi incredulo. La mancanza di mio padre è una delle cose che mi hanno forgiato il carattere. Tante cosa da uomini ho dovuto impararle da solo”. Dai suoi primi ricordi di vita all’oro olimpico conquistato con l’Italvolley femminile, il ct Julio Velasco si racconta oggi in un’intervista con Aldo Cazzullo sulle pagine del Corriere della Sera. 72 anni, nato in Argentina ma naturalizzato italiano da ormai una vita: “Non è difficile sentirsi sia argentino che italiano: al mondo non esistono due popoli più simili. La differenza – spiega Velasco – è che gli italiani hanno la saggezza ma anche il pessimismo dei vecchi. Gli argentini sono sognatori come gli adolescenti. Hanno l’ottimismo dei popoli giovani”.

I Giochi Olimpici di Parigi per l’Italia non potevano concludersi con una domenica più indimenticabile di quella che è stata. Le ragazze del volley per la prima volta sul gradino più alto del podio. Mesi a ripetersi il mantra “Qui e ora”, che Velasco è tenuto a spiegare: “Il giocatore deve decidere ogni volta, a ogni punto. Bobbio ci ha ricordato l’importanza del dubbio per gli intellettuali. Ma se un giocatore comincia a dubitare, o a pensare al punto precedente, o a quello successivo, è finita. Conta solo il punto che stai giocando”. Un trionfo che in molti attribuiscono in larga parte anche al ct subentrato poco meno di un anno fa sulla panchina della Nazionale: “Il segreto? Un allenatore, e in genere un leader, non fa nulla. Fa fare le cose agli altri. E deve convincerli. L’allenatore è prima di tutto un insegnante; per questo deve uccidere il giocatore che è stato. Se non lo fa, rischia di fallire; e più forte è stato, più il rischio è alto. Capello, Cruijff, Guardiola, Ancelotti ci sono riusciti; Maradona e Platini no”. “Dicevo alle ragazze che dovevano essere autonome e autorevoli – prosegue Velasco -. Che eravamo forti, però dovevamo dimostrarlo ogni volta. Una partita non è una sfilata di pregi, è un confronto. Spesso prima delle partite uno si sente nervoso, gli sudano le mani, sente lo stomaco chiuso. Nel Luna Park la gente paga per andare sulle montagne russe, per sentirsi male. In realtà paga per sentire una emozione forte. Ecco, all’Olimpiade è lo stesso”.

Quando gli viene chiesto se c’è differenza tra allenare uomini e donne, Velasco risponde così: “Le donne hanno il terrore di sbagliare, perché per millenni hanno pagato gli errori con le botte degli uomini. Quindi a volte vanno incoraggiate. Per il resto sono straordinarie, e imparano straordinariamente in fretta”. L’allenatore racconta di non essersi mai innamorato di una sua atleta: “Mai, ho sempre mantenuto una certa distanza. L’allenatore non deve essere amico dei suoi giocatori. Non devono fare come i genitori che vanno alle feste dei figli e si mettono a ballare pure loro”.

Infine, su Paola Egonu: Paola Egonu: “Le ho detto che il personaggio Paola Egonu era una cosa, la persona un’altra. Io so cosa vuol dire. A me interessava parlare a Paola. E dirle che su certe cose — il razzismo, lo pseudorazzismo, le insinuazioni — io l’avrei difesa sempre e comunque. Sulle altre cose l’avrei trattata come tutte le altre. La sua esclusione in passato? Ogni allenatore prende decisioni difficili. Io rispetto quelle degli altri“.

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