10. Nel giorno del mio arrivo, a causa del ritardo del volo, non riesco a prendere le chiavi dell’appartamento che si trovano in un ristorante italiano. Nella (lunga) attesa vado a mangiare qualcosa in un piccolo ristorante indiano (molto buono, peraltro) e due turisti scozzesi, marito e moglie, capiscono che sono italiano e mi chiedono consigli su Roma. “Ci andiamo domani, cosa c’è di bello da vedere?”. Incredulo, simulo una telefonata importante e mi salvo.
9. Una delle esperienze migliori della trasferta a Parigi 2024 riguarda gli autisti di Uber (vera manna dal cielo). Tunisino, ha passato anni in Italia e ricorda piuttosto bene la nostra lingua. Mi racconta di aver vissuto a lungo da clandestino, facendo fatica a trovare un lavoro. In Francia le cose sono andate molto meglio, compreso il rilascio dei documenti, anche se da noi ha lasciato molto amici. “Gli italiani sono meglio dei francesi, mi mancate”. Arrivati al mio appartamento mi regala, per mio figlio Theo, un portachiavi della Torre Eiffel.
8. In una delle prima giornate di gara, sotto il sole cocente (ma davvero molto cocente!), decido di recarmi a Les Invalides per la sfida tra Italia e Francia di tiro con l’arco. Ai controlli uno dei volontari mi ferma. “Di dove sei?”, mi chiede in italiano. “Di Roma”, rispondo. “Laziale o romanista?”. “No, veramente sono milanista”. I suoi occhi si illuminano. “Milan, sempre Milan, sempre grande Milan. Amo il Milan, però questa società… zero” (da leggere in italiano con spiccata cadenza francese).
7. Non ho mai visto una gara di skateboard dal vivo e, su suggerimento di Lorenzo Ercoli, mi reco allo Skate Park di Place de la Concorde. Sono in ritardo e la tribuna stampa è piena. Vengo sistemato in mezzo al pubblico e mi ritrovo all’interno della curva dello statunitense Tate Carew: genitori, parenti e amici, per un totale di circa 20 persone, che urlano alzandosi in piedi ogni volta che il giovane ‘yankee’ si esibisce. Esperienza a tratti mistica. Sono stato incerto se farmi trascinare nel tifo o gufare come se non ci fosse un domani.
6. Torniamo a Uber. Nel tragitto da Casa Italia all’appartamento, circa 30 minuti a notte, trovo pochissimi autisti che parlino inglese. Questa volta sono fortunato, il ragazzo parla fluentemente e in maniera molto chiara. È iracheno. Ci raccontiamo le nostre vite: lui è a Parigi per lavorare, moglie e figlio sono in vacanza in Sicilia e non vede l’ora di raggiungerli. “Ma prima devo racimolare qualche altro euro”, mi racconta con il sorriso, sincero, sempre stampato sulle labbra.
5. Il quinto posto lo merita il giornalista israeliano che, durante il concorso individuale di ginnastica ritmica, preannuncia il podio a me e Giuseppe Pastore. Poi se ne va, come a dire “il mio lavoro, qui, è finito”. La gara non è nemmeno a metà. Sbaglierà solamente l’ordine di argento e bronzo, veggente.
4. Vado a seguire al Roland Garros, praticamente casa mia da quasi 15 anni, lo sfortunato quarto di finale del doppio misto tra Vavassori/Errani e Koolhof/Schuurs. Il caldo è asfissiante, il campo 7 non ha un metro quadrato all’ombra. Non ho mai provato una situazione climatica così ostile su un campo da tennis. Anzi, una c’è, che metto alla pari. Il Challenger (ora scomparso) di Orbetello, accanto alla Laguna, dove l’umidità media è intorno al 964%. La maglietta incollata al corpo è una memoria indelebile. Mentre soffro come un cane, sia per il match che per il caldo, noto il genio: Jasmine Paolini non solo sta usufruendo di ombrello e asciugamano (credo con ghiaccio). Si è anche coperta dal sole con un cartello palesemente rubata ai volontari di Parigi 2024.
3. La finale di doppio femminile tra Errani/Paolini e Shnaider/Andreeva è ovviamente sul Court Philippe Chatrier. Io e Matteo Mosciatti ci sediamo in tribuna stampa. Il match, oltre a iniziare male sul campo, peggiora a causa di un ‘giornalista’ russa che urla fortissimo, senza soluzione di continuità, “Davai Diana! Davai Mirra!”. Riusciamo a rimanere calmi senza sapere come. Vinciamo. Urliamo. Una volta sola. “Ciao collega, alla prossima”.
2. È il giorno della cerimonia di apertura. Insieme a Giuseppe Pastore (e per gran parte del percorso al collega Pietro Guerrini), superiamo i 78 check point dei controlli. Dopo circa due ore siamo sugli spalti, da cui sostanzialmente non vedremo nulla per tempo immemore. Dopo aver mangiato un panino insulso (prima, unica e ultima volta che mi rifocillo nel ‘food & beverage’ ufficiale), ci sediamo. Dopo poco arriva il diluvio (passerò 30 minuti la mattina successiva ad asciugare le scarpe con il phon), resistiamo sino al battello dell’Italia (tutto seguito rigorosamente sui maxi schermi), poi usciamo. Ci ripariamo in una zona fuori dalla quale notiamo la scritta “press conference room”. Non era vero. Siamo finiti dove si sono rifugiati tutti i capi di stato. Mentre ce ne accorgiamo, se ne accorge anche un responsabile della sicurezza, che ci caccia in malo modo. Provo anche a litigarci, così, per gusto, ma è tempo perso. Mi ignora.
1. Ancora Uber, stavolta protagonista di un oro olimpico. Io, Giuseppe Pastore e Lorenzo Ercoli siamo su un’automobile in direzione Casa Italia. È in corso la Madison femminile. Giuseppe decide di seguirla sul live score del sito ufficiale. Niente video. Tensione massima. Renzo incredibilmente dorme. Siamo primi. Giuseppe inventa una sorta di telecronaca. Sostanzialmente sul nulla o quasi, analizzando i vari sprint della gara di ciclismo su pista. Alla fine sarà oro, tra i più emozionanti per come è stato vissuto. Ps Renzo a metà gara si è svegliato incredulo.
Il video
Visualizza questo post su Instagram
Bonus Track 1. Durante Italia vs Giappone di Volley maschile mi sono ritrovato, io che di solito sono piuttosto pacato nelle tribune stampa, a esultare come un matto. Il match, onestamente, lo meritava.
Bonus Track 2. Andrew Howe che durante i tre minuti magici dell’atletica italiana a Parigi 2024 (argento Battocletti e bronzo Diaz) è fuori dagli studi tv a riguardarsi (e a studiare) la ginnastica ritmica senza accorgersi di ciò che sta accadendo allo Stade de France. Lo scopre, urla di gioia e si lascia andare a una risata fortissima e genuina.