C’è del marcio in Danimarca? E’ questa la domanda di un intero paese, arrivato a Euro 2024 con grande fiducia, forte di una generazione che tre anni fa ha ottenuto una semifinale e che con più maturità ci si aspettava – e ci si aspetta – potesse persino replicare quel grande risultato. Probabilmente non c’è del marcio e non c’è nessun Amleto da citare, ma c’è da affrontare la nazione che ha dato i natali a William Shakespeare, quell’Inghilterra che ha vinto ma non ha convinto all’esordio e che guida in solitaria la classifica di un girone C assolutamente incerto. Quella che è forse la favorita assoluta in questo torneo, che non ha mai vinto gli Europei e che non vince dal 1966 un grande torneo, quando per la prima e ultima volta gli inventori del calcio vinsero i Mondiali, parte dunque da una posizione dominante in questo confronto diretto tra le due principali favorite del gruppo: vincere vuol dire volare agli ottavi con un turno di anticipo, probabilmente come prima, e dunque si potrebbero anche far riposare i big contro la Slovenia. Ma la Danimarca non sarà quella vista all’opera domenica: il ct Hjulmand sa che quella falsa partenza rischia di vanificare in pochi giorni gli sforzi di mesi e mesi, dunque Eriksen e compagni entreranno in campo col coltello tra i denti. Anche perché, i Tre Leoni visti all’opera contro i serbi non sono certo apparsi poi così dominanti e Southgate è persino stato già criticato.
Il mio regno per un cavallo… vincente. Shakespeare rientra dalla finestra, visto che allo stadio di Francoforte – dove si potrebbe giocare col tetto chiuso causa maltempo – si attendono il re di Danimarca, Federico, e probabilmente anche il principe William. Il regno è la vetta del girone C, il cavallo vincente potrebbe essere proprio Jude Bellingham, che ha deciso con un colpo di testa da grande opportunista la partita contro la Serbia, sopperendo alle prestazioni insufficienti di Kane e Foden. Uomo ovunque il fuoriclasse del Real Madrid, che nel giro di due mesi vuole prendersi tutto in quella che sarebbe una clamorosa escalation: la Liga, la Champions League, entrambe già in bacheca, e poi il sogno Europeo. A quel punto, il Pallone d’Oro sarebbe già impacchettato e nelle sue mani. Ed è lui il terzo re: è Re Mida, quello che tocca sembra essere oro quest’anno, tra alti e bassi dovuti anche all’età: un giocatore totale, capace di far tutto. E soprattutto di vincere.