Le Olimpiadi sono un sogno per tutti gli atleti, soprattutto per chi ha sempre praticato sport, come Diego Lenzi. Il pugile azzurro, categoria +92 kg, ha raccontato in un’intervista esclusiva a Sportface.it le emozioni in vista delle Olimpiadi di Parigi 2024, non nascondendo le grandi ambizioni: “Sono un appassionato di sport, mi sono sempre allenato da atleta ancor prima di diventare un atleta, amo lo sport in tutte le sue forme e pratico tutto lo sport nel tempo libero. Partecipare alla più grande competizione di sport del mondo prima era un sogno, adesso è un obiettivo. Sono contento, sarà bellissimo perché tutte le persone guardano le Olimpiadi. Andrei lì anche per fare solo la Cerimonia di Apertura, stare un po’ lì e tornare a casa: sarei già contento così, però visto che ho la possibilità reale di andare a lottare per l’oro…“.
Un sogno che diventa realtà nonostante una carriera molto giovane e iniziata “un po’ per caso” e “relativamente tardi“: “Ho cominciato a fare boxe a 17 anni dopo aver praticato fino ai 13-14 anni calcio, a 13 ho iniziato anche ad abbinarci la sala pesi perché mio padre è un ex culturista. Poi ho abbandonato il calcio: volevo provare uno sport più individuale, dove la vittoria e la sconfitta dipendessero da me e vicino a casa mia c’era una palestra di pugilato e ho detto: “Vado a tirare due pugni al sacco”. È andata proprio così“. Poi è arrivato il primo match con una vittoria per ko che lo ha motivato e da lì altri incontri in cui si è messo subito in evidenza (“Già dopo un anno sono entrato nella Nazionale Under 18“), poi però “a 19 anni mi sono fermato, non so bene perché: facevo la categoria di peso sotto, stavo sempre indietro, a 18 anni ero molto più piccolo di adesso, mentre tutti escono tu stai chiuso in palestra, la dieta, ecc. Mi è partita un po’ la testa, non ho problemi a dirlo. Perciò mi fermai con la pugilato e ripresi solo sala pesi, però mi sono sempre allenato. Dai 19 fino ai 21 anni sono stato fermo, perciò in realtà è poco che faccio pugilato perché attivi sono 5 anni. Ho ripreso a febbraio 2022 e ho ripreso molto più forte prima perché di testa sono cambiato“. Da lì sono arrivate le vittorie ai Campionati Italiani Under 22 e agli Assoluti, fino ad arrivare al posto da titolare in Nazionale e alla qualificazione per Parigi 2024, ottenuta nel preolimpico di Busto Arsizio lo scorso marzo.
Gli anni di stop sono serviti a ritrovare la motivazione, perché “la vita che stavo iniziando a fare non mi piaceva, lavoravo come cuoco e come buttafuori“. Fare il cuoco in realtà piaceva a Diego (“infatti in un futuro vorrei aprirmi un ristorante“), ma quella vita non lo avrebbe soddisfatto molto, “in più vedevo i miei ex compagni di squadra che iniziavano a vincere l’Europeo, ad entrare nei Gruppi Sportivi e ho detto: “Se ce la fanno loro e io ero al loro livello, perché non posso farlo io?”. Perciò da un giorno all’altro mi sono licenziato, ho continuato a fare qualche lavoretto perché comunque bisogna vivere, facevo il buttafuori nei weekend e qualche lezione privata di personal training e pugilato e mi mantenevo così perché vivevo ancora in casa con mio padre. E così ho ripreso, più forte di prima, allenandomi sempre due o tre volte al giorno e tutto questo mi ha portato poi a luglio dell’anno scorso ad entrare nel Gruppo Sportivo Esercito e ad oggi essere titolare della Nazionale e in corsa per l’oro olimpico“.
Per rilanciarsi dopo anni di stop serve grande determinazione, caratteristica che all’atleta classe 2001 di certo non manca: “Sono sempre molto sicuro di quello che faccio. Per me, nella vita in generale, non esiste una via di mezzo, o “sì” o “no”. Ho ripreso ed ero sicuro, anche se sapevo che ci voleva tempo chiaramente“. Qualche sconfitta può portare un po’ di sconforto, ma è uno stato d’animo solo passeggero: “Capisci che fa tutto parte del processo e del percorso di crescita di un atleta, soprattutto per me che sono anche più giovane sportivamente degli altri. A marzo si è confermata questa cosa: tutte le sconfitte mi hanno portato a crescere fino alla qualificazione olimpica. Sono contento di aver raggiunto il mio obiettivo e di ragionare ad obiettivi. Quando ho ricominciato la boxe, le Olimpiadi erano un sogno. Però poi mi sono detto: “Uno si allena e può andarci alle Olimpiadi. Molti atleti ce la fanno, perché non posso farlo io?”. Ragionando così, sono qua: non vedo più le cose come sogni lontani ma come obiettivi“.
SACRIFICI E OBIETTIVO OLIMPICO
Gli obiettivi sono grandi, ma pensarci troppo rischia di essere controproducente. Anche prima degli incontri, il bolognese non si isola “perché più continui a pensarci più ti stanchi, non sembra ma l’essere teso stanca molto fisicamente. Cerco di stare con i miei compagni di squadra e gli allenatori e parlare di altro, ridere e scherzare. È fondamentale per me, poi ogni atleta è diverso e questo è il bello dello sport“. Sport rimane la parola chiave anche nel tempo libero per Diego, che per staccare la spina dalla boxe va a fare passeggiate, va in bici, va al campetto a giocare pallacanestro. Non a caso alle Olimpiadi vorrebbe andare a vedere dal vivo il basket, oltre a “Jacobs nei 100 metri, una gara che mi piace un sacco“. La grande passione però, dopo la boxe, è per i motori: “Ho sempre avuto la moto, da quando avevo 4 anni con la prima minimoto. Non ho mai potuto praticarlo come sport perché è molto costoso, io di famiglia non sono ricco, però sono un appassionato. Entrando nel gruppo sportivo e nel club olimpico ho dovuto vendere la moto perché oggettivamente è pericoloso: in moto anche se cadi a 30km/h, magari ti rompi un dito e se io mi rompo un dito ora, salto le Olimpiadi. Quindi per non rischiare ho venduto la moto e questo è uno dei sacrifici più grandi. Vediamo se dopo le Olimpiadi posso ricomprarla… Qualche giro in pista dopo le Olimpiadi? Quello poco ma sicuro“. Per la verità, visto l’imminente evento olimpico, ultimamente Diego si dedica solo a passeggiate all’aria aperta, “non vado neanche al campetto a giocare perché anche quello è rischioso, purtroppo questi sono i sacrifici del nostro mondo. Oltre agli allenamenti non sto facendo nulla“.
D’altronde la preparazione sta procedendo nel migliore dei modi e sarebbe un peccato sprecare l’occasione: “Bellissimo periodo, è come per un bambino quando si avvicina Natale: non vedo l’ora che arrivi il 26 luglio“. L’atleta dell’Esercito non crede alla scaramanzia (“credo nella meritocrazia“) e non si nasconde affatto: “Conosco già i miei avversari, con molti ci ho già combatto e li ho già battuti, con praticamente tutti ho fatto sparring, cioè un match in allenamento. Perciò conosco il livello e posso dire con tranquillità e certezza che è il mio livello. L’oro è nelle mie corde“. La convinzione nei propri mezzi c’è, ma anche “il tabellone conta, il sorteggio è il 50%”. Per questo, gli unici atleti che vorrebbe incontrare più tardi possibile sono il campione olimpico di Tokyo 2020, l’uzbeko Bakhodir Jalolov, con cui non ha mai incrociato i guantoni, e l’australiano Teremoana Junior, con cui ha già fatto sparring. Nessuna paura però, anche perché “molte volte io funziono così: più è forte l’avversario, più la mia performance è alta; io i match più brutti li ho fatti contro avversari deboli, i match più belli che ho fatto sono stati con gli avversari più forti“.
CRITICHE, IDOLI E RINGRAZIAMENTI
Diego, molto attivo anche sui social, non teme neanche le critiche a cui espone un evento molto mediatico come le Olimpiadi: “Le critiche dei non addetti ai lavori mi fanno ridere. Contrariamente, la critica di un allenatore o un manager la tengo con me e ne faccio tesoro per migliorarmi. La pressione di chi mi vuole vedere cadere non la sento assolutamente: salirò sempre, sono molto sicuro di me e dei miei mezzi, perciò queste cose non mi toccano proprio. Un po’ filosoficamente dico che le cose che fanno male sono altre, non sono i pugni in faccia. Poi io ho la caratteristica di reggere molto bene i colpi: difficilmente accuso colpi o prendo colpi evidenti perché sono molto compatto“. Proprio le sue caratteristiche fisiche gli valgono il soprannome “Lo Stallone Italiano“: “Sono molto simile a Rocky del film Rocky Balboa: piccolino, però bello fisicamente, un po’ grezzo a livello di tecnica, che va avanti a picchiare. Perciò “The Italian Stallon” è un soprannome che mi danno e che mi piace tanto, mi gasa“. Caratteristiche fisiche che lo rendono unico nella categoria +92 kg “perché sono il più basso di tutti e ho una boxe strana“, ma gli idoli a cui guardare non mancano. Uno di questi è il campione in carica dei pesi massimi “Canelo Alvarez, fa una boxe molto bella che mi piace un sacco essendo lui un po’ di piccolino rispetto ai suoi avversari e picchiatore. Poi c’è Usic????, che anche lui è piccolino rispetto agli altri, che è appunto un idolo, perché l’altro giorno ha unificato tutte le cinture dei pesi massimi del professionismo, cosa che non accadeva da 30 anni”.
Il podio olimpico, dicevamo, non è solo un sogno ma un obiettivo e la sua sicurezza talvolta viene criticata, ma Diego è ben consapevole anche dell’importanza del lavoro di squadra perché “da solo non puoi funzionare“: “È importante avere un bel gruppo, perché è quello che ti porta poi a riuscire. Noi ci divertiamo molto in allenamento, siamo molto coesi. È fondamentale avere il tifo dei propri compagni e avere un team dietro che crede in te e ti aiuta a spingerti oltre, soprattutto in allenamento, ci aiutiamo e ci motiviamo a vicenda“. Qualora quella medaglia tanto ambita arrivasse, oltre a “tutto lo staff Team Italia, tutti i maestri, i direttori tecnici, i fisioterapisti e i compagni di squadra“, “le due persone che ringrazierò fin da subito sono me stesso perché se sono lì lo devo soprattutto a me perché sono io lì, e la mia ragazza, che mi supporta e mi sostiene sempre. Da quando convivo con lei la mia carriera sta svoltando in meglio perché sono più tranquillo, mi alleno meglio, mi aiuta in tutto, quindi devo assolutamente ringraziarla e lo faccio sempre“.