Jannik Sinner è il numero uno del ranking mondiale. Il tennis è uno sport popolare in Italia. Il mondo intero è in festa per il nostro fenomeno, adesso più in alto di tutti nella classifica Atp. Tutto questo è straordinario, ma, per un appassionato di lunga data, più che altro è surreale: sembra di esser finiti in una bizzarra dimensione parallela. Questo è il vero e proprio Paradiso dei tifosi del tennis italiano, quei bambini adesso diventati ragazzi, quei giovani adesso diventati uomini, magari genitori. Sinner è numero uno e chi c’era, sa cosa significa…chi c’era, adesso piange. Piange di gioia per un risultato che non credeva potesse davvero avverarsi, ma che ha sognato per anni tra mille disavventure. Piange lacrime amare ricordando tutte quelle volte in cui un secondo turno Slam era un trionfo. Piange con la dignità di chi ha amato in modo incondizionato, uno sport, certo, ma che, come ogni altra passione, ti entra dentro in modo diverso e talvolta condiziona giornate intere. Piange per quella sensazione frustrante che i nostri genitori, talvolta i nostri nonni avevano assistito alle gesta di iconici azzurri in giro per il mondo, qualcuno anche a Santiago del Cile, mentre noi no. Piange perché ci hanno sempre raccontato che se credi davvero in un sogno, prima o poi si avvera, ma in questo caso sembrava che fosse soltanto retorica. Piange soprattutto perché il tennis adesso è apprezzato da un’ampia platea anche in Italia e forse era tutto ciò che desiderava, condividere.
Sinner ha avverato le fantasie di una generazione intera che ha visto per tanti e dolorosi anni i trionfi altrui, con zero titoli italiani e altrettanti risultati rilevanti, delle volte anche con zero azzurri in top 50. La stessa generazione che ha sofferto per il dramma di Gaudenzi contro la Svezia nel ’98, per l’eliminazione beffarda contro il Kazakistan nel 2015, per tutte quelle volte in cui si è stati costretti ad ammirare gli altri, a pensare “sono di un altro livello”. Adesso, per il mondo, Sinner e il gruppo italiano sono ‘gli altri’, quelli “di un altro livello”, quelli da poster in camera, quelli forti. Si sono invertiti i ruoli, le lacrime sono diventate sorrisi smaglianti. In questo percorso, nessuno sarà dimenticato. Noi siamo stati Sanguinetti, Galvani, Starace, Bolelli, Cipolla, Volandri, Gaudenzi; siamo stati anche Nargiso, Bracciali, Seppi, Lorenzi, Di Mauro. Siamo stati Fognini, Berrettini, Sonego. Siamo anche, adesso, Jannik Sinner, dei numeri uno…chi lo avrebbe mai detto? Chi c’era, sa cosa significa e piange, sì: Sinner ha chiuso un cerchio, magari con l’ennesimo lungolinea di rovescio. Grazie Jannik, siamo diventati grandi.