Javier Chevanton, giocatore del Lecce nei primi anni duemila e ad oggi tecnico dell’Under15, si racconta i microfoni di Sportweek, parlando della sua vita dopo il ritiro: “Mi sveglio presto, vado dal fruttivendolo, poi con la frutta e la verdura porto da mangiare ai miei animali. Ho trovato questo terreno per caso, quando l’ho comprato aveva solo una piccola casetta. La villa di Corvino è a soli due chilometri, forse un giorno lo inviterò da me”. Poi, sul Lecce: “A un certo punto l’ho dovuto salutare, ma avrei voluto arrivare a cento gol. Le persone del posto mi vogliono bene comunque e questa è diventata la città delle mie figlie. Ogni tanto mi fermano dei bambini che non erano ancora nati al mio ritiro. Mi dicono che i genitori raccontano di me“. La sua vita oggi: “Dopo il ritiro mi sono sentito solo, non avevo più voglia di vivere. Ho toccato il fondo, sono stato depresso. Chi mi era vicino non riusciva a comprendere la mia sofferenza. Cercavo la felicità facendo acquisti materiali. Questo posto poi mi ha fatto rinascere, sono felice di rimboccarmi le maniche“. Non mancano gli animali, che hanno dei nomi particolari, dal gallo Belotti e una famiglia di caprette: “La più piccola si chiama Messi. Mi piace vederle tranquille, libere di correre e giocare. La mia pace è tutta qui“.