6 gennaio. Nella calza della Befana per l’Inter c’è una partita sulla carta semplice contro il Verona che stava smembrando una rosa intera per i problemi societari, invece quel 2-1 sofferto come non mai al Meazza diventa una delle partite, se non la partita chiave, per l’annata trionfale dell’Inter. I nerazzurri sono campioni d’Italia, con merito e dopo aver dominato in lungo e in largo il campionato, e se la cavalcata è diventata inarrestabile c’è un importante contributo in un mese di gennaio in cui si sono messe le basi alla fuga di febbraio.
Il suicidio della Juventus, infatti, è arrivato dopo settimane a mille all’ora, in cui pian piano la squadra di Allegri è sempre più andata fuori giri nel cercare di tenere il passo dell’Inter. Che partita dopo partita dimostrava di sapere vincere in qualsiasi modo: dal blitz di Napoli alla cinquina nel derby, dalla sofferenza di Bergamo a quella con la Roma. Ma la Juventus era sempre lì, con i corti musi e le reti inviolate, e il pareggio in casa del Genoa, con la vittoria in casa col Lecce non troppo limpida, avevano fatto scattare qualche campanello d’allarme nella testa di Inzaghi.
E’ per questo che con l’Hellas, e in previsione del rinvio del turno successivo a causa della Supercoppa, c’era da dare un segnale per spegnere le velleità di primo posto dei bianconeri. E contro gli scaligeri viene fuori quella partita irripetibile che capita solo a una squadra forte e destinata ad arrivare davanti a tutte al traguardo: una vittoria senza ombra di dubbio immeritata e con un polverone mediatico a livello arbitrale senza precedenti nelle ultime stagioni. Il 2-1 discusso di Frattesi con il colpo proibito di Bastoni a Duda, poi il rigore a tempo scaduto che Henry cestina malamente: è girato tutto nel migliore dei modi e la squadra interista – oltre a ritrovarsi sul groppone il peso del titolo virtuale, e quanto mai scomodo, di campioni d’inverno – ha altresì preso ulteriore consapevolezza. Che ha poi trasferito, dopo il successo nitido di Monza e dopo aver vinto al 90′ la Supercoppa in Arabia, in un’altra trasferta delicata come quella di Firenze.
Il vantaggio precoce, la partita non chiusa, la tante chance per i viola, quindi il rigore col Var per un fallo di Sommer, che però ipnotizza dal dischetto Nico Gonzalez. Un’altra vittoria sofferta, le mani che si allungavano sullo scudetto a pochi giorni dal derby d’Italia, mentre la Juve pareggiava con l’Empoli ed entrava in una spirale negativa acuita definitivamente dall’1-0 di San Siro che ha urlato al campionato il verdetto. La seconda stella arriva a fine aprile, ma è costruita a gennaio: un mese che solitamente è interlocutorio, anzi, per l’Inter nell’ultimo decennio quasi sempre estremamente negativo, e che invece nel 2024 è divenuto il fulcro di una stagione trionfale. Sarebbe riduttivo, è chiaro, ridurre a un paio di settimane il segreto alla base di una vittoria talmente nitida, ma basta chiedere a un tifoso nerazzurro: “Fra dieci anni, ricorderai lo 0-2 al Napoli campione d’Italia in carica o quel 2-1 col Verona?”.