Tra Londra a Melbourne ci sono circa 16.900 chilometri. Una distanza notevole, colmata dal lancio di una pallina da tennis. Precisamente, un lancio di Jannik Sinner, che il 14 luglio dello scorso anno affrontava Novak Djokovic nella sua prima semifinale in uno Slam, a Wimbledon, perdendo in tre set e sembrando ancora lontano dal poter compiere quel passo necessario ad abbattere le resistenze del giocatore più vincente della storia dei Major. Poi, solo pochi mesi dopo, i due si sono trovati di nuovo dai lati opposti dello stesso campo, e quel passo è stato fatto, per ben due volte: Sinner ha battuto Djokovic, prima a Torino e poi in un’altra, splendida, semifinale: quella della Coppa Davis.
È vero, tra queste due vittorie di Jannik c’è stata un’altra vittoria di Nole, in finale alle Finals. Nessuno mette in dubbio che il serbo sia ancora un giocatore mentalmente e fisicamente inarrivabile, specie su questo palcoscenico: a Melbourne dieci vittorie in altrettante semifinali e finali. Il vero re d’Australia, dunque, con buona pace del Commonwealth e di Carlo III; per ogni sovrano, però, c’è un erede, e chissà che questo non possa essere l’anno in cui anche Djokovic decida di lasciare il suo trono a un nuovo campione. Non sarà facile, questo è sicuro, ma da quella sfida a Wimbledon sembra passata una vita: ora Sinner è numero quattro del mondo, ha vinto il suo primo 1000, ha battuto praticamente tutti gli avversari che gli erano rimasti da battere e, soprattutto, ha deciso che non c’è impresa troppo grande da diventare impossibile: neppure battere Djokovic salvando tre match point sul proprio servizio in semifinale di Davis.
La strada verso la semifinale
Djokovic è stato troppo forte per tutti gli avversari che ha incontrato finora. Ha sofferto, poco, in tutti gli avvii di partita (tranne nella sfida senza appello con Mannarino), ma in fondo sapevamo, noi e i suoi avversari, che in cinque set l’avrebbe portata a casa, in un modo o nell’altro. È una sentenza, che si basa sulla banale statistica: Djokovic ha giocato più partite a livello Slam degli altri tre semifinalisti messi insieme. Una superiorità che si fonda, perciò, anche sulla forza dell’abitudine, e contro cui nulla hanno potuto avversari come Popyrin e Fritz, che hanno messo in difficoltà il serbo ma non sono riusciti a stare al passo sulla lunga distanza.
Dal canto suo, Sinner ha giocato finora il torneo perfetto. Non aver ceduto neppure un set contro Van De Zandschulp, De Jong, Baez, Kachanov e Rublev e un dato che non può e non deve essere banalizzato. Jannik è diventato uno dei migliori e si sta confermando ad un livello che un anno fa, quando su questo campo perdeva contro Tsitsipas agli ottavi, non potevamo neppure lontanamente augurargli. Si tratta della seconda semifinale in carriera in uno Slam per un giocatore che, a vederlo oggi, sembra ne abbia giocate a decine. Eppure, occorre fare attenzione: una partita come questa, con un avversario come questo, metteranno pressione anche al glaciale Sinner. Se dovesse vincere sarebbe già un’impresa straordinaria, ma guai a gridare al dramma sportivo qualora dovesse succedere l’opposto: questi risultati restano quelli di un grandissimo giocatore.
Come si batte Djokovic
Se la risposta potesse essere contenuta in poche righe, basterebbe inviare questo pezzo a Sinner e risolvere la questione che ormai da quindici anni si insinua stabilmente nella mente di ogni avversario del serbo. Più semplicemente: Djokovic non si batte, non in Australia, non in semifinale. Almeno fino ad oggi. Eppure questo Sinner può ribaltare questa statistica per tre motivi: primo, lo ha battuto l’ultima volta e avrà ancora negli occhi e nella memoria quella splendida impresa; secondo, ha sulle gambe meno ore di torneo rispetto al suo avversario (poco più di 11 Sinner, oltre 15 Nole); terzo, non ha nulla da perdere. La pressione, infatti, sarà tutta su Djokovic, che dovrà confermarsi ancora una volta e combattere contro la pressione di voler essere il migliore. Pressione che, va detto, ha sempre gestito senza fatica. L’occasione è ghiotta, e l’impresa è tutt’altro che impossibile.