Alla domanda ‘che sport pratichi?’, un atleta di 208 cm probabilmente risponderà volley o basket, specialmente se proveniente da un paese con la cultura cestistica degli Stati Uniti. John Isner invece ha scelto la strada del tennis, ma non si è limitato solamente a diventare un professionista di livello bensì è stato, con ogni probabilità, il miglior giocatore del suo paese nel decennio successivo ai ritiri di Andy Roddick e Mardy Fish. Inoltre, Isner non si è limitato a fare la sua ottima carriera, ma ha scritto la storia del tennis, letteralmente. Innanzitutto l’ha fatto vincendo la partita più lunga della storia, contro Nicolas Mahut a Wimbledon nel 2010. Un primo turno infinito, durato 11 ore e 5 minuti, spalmato su tre giorni sul leggendario Campo 18, e vinto per 70-68 al quinto dal gigante di Greensboro.
Poi, Isner ha legato indissolubilmente il suo nome a questo sport guidando la classifica degli aces scagliati in carriera. L’americano ne ha scagliati ben 14,411, fugando via ogni dubbio su quale giocatore avesse il miglior servizio della storia. Sempre a Wimbledon, ma nel 2018, è inoltre andato ad un passo dal risultato più prestigioso della sua carriera, ovvero la finale contro Djokovic, ma Kevin Anderson lo ha sconfitto per 26-24 al quinto set, in quello che si può considerare l’ultimo vero ‘long set’ e che di fatto ha dato vita alla nuova regola del super tie-break nel parziale decisivo. Il picco della sua carriera resta dunque il Masters 1000 vinto a Miami nel 2018, che lo consegnò ancora una volta alla storia in quanto divenne il più anziano a vincere per la prima volta un torneo di quella categoria. Insomma, guardandosi indietro, Isner può essere assolutamente soddisfatto della sua carriera e del segno che è riuscito a lasciare.
John però non è stato solamente un tennista, bensì anche un personaggio divisivo che ha fatto spesso parlare di sé. Qualche anno fa si attirò le antipatie di molti appassionati dopo aver espresso pubblicamente il suo sostegno nei confronti di Donald Trump, allora presidente degli Stati Uniti. Inoltre, anche durante il periodo di pandemia fece discutere con alcuni suoi tweet in cui si lamentava delle misure adottate e che strizzavano l’occhio ai negazionisti. Giudicarlo per certe uscite sarebbe però sbagliato dato che ha sempre dimostrato di essere un bravo ragazzo e si è spesso reso protagonista di bei gesti, sia dentro che fuori dal campo.
Nel campo della beneficienza, ad esempio, ha spesso disputato incontri di esibizione per raccogliere fondi per il centro che ha curato sua madre dal cancro. Durante i suoi incontri, invece, ha spesso scherzato con gli avversari e con gli spettatori, senza mai far mancare un sorriso. Un gesto particolarmente emblematico – probabilmente perché non scontato – che è rimasto nella mente degli appassionati risale al torneo di Miami del 2019. In quel caso Layhani fece un overrule sbagliatissimo, chiamando out una palla ampiamente dentro la linea, ma fu presto sbugiardato dal challenge. Il pubblico della Florida cominciò dunque a fischiare l’arbitro poiché la sua decisione aveva penalizzato il giocatore di casa, ma Isner non rimase a guardare e rimproverò il pubblico facendo segno con la mano di non fischiare.
L’aggettivo più appropriato per definire John Isner, non solo come persona ma anche come tennista, è probabilmente ‘americano’. 14 dei 16 tornei vinti sono infatti arrivati negli Stati Uniti e, considerando anche le finali perse, il bilancio totale sale a 27 su 31. Il suo ritiro non poteva dunque che avvenire agli US Open, slam in cui ha il migliore bilancio in termini di vittorie/sconfitte, dove vanta due quarti di finale (nel 2011 e nel 2018) e che si appresta a giocare per il 18° anno consecutivo. A Flushing Meadows, Isner non giocherà soltanto il singolo bensì anche il doppio, in coppia con un altro giocatore all’ultimo torneo della carriera, ovvero Jack Sock. Doppio in cui Long John si è tolto numerose soddisfazioni in carriera, vincendo ben cinque titoli Masters 1000, di cui tre proprio in coppia con Sock. Aspettarsi che i due facciano strada anche a New York non è scontato ma, conoscendo le loro qualità, neppure impossibile.
Se nel futuro di Sock c’è il pickleball professionistico e un figlio in arrivo, in quello di Isner c’è invece la famiglia. La moglie Madison McKinley ha infatti dato alla luce ben quattro figli e, dopo tanti anni in giro per il circuito, finalmente la coppia potrà goderseli. “Nella vita di ogni atleta arriva un momento in cui bisogna farsi da parte e ho capito che è adesso. Non è stato facile, ma a 38 anni è la scelta giusta” ha scritto sui social Isner, pronto ad iniziare un nuovo capitolo della sua vita.
Magari non sarà stato il giocatore più spettacolare da vedere, magari nessuno avrà fatto le corse al ritorno da scuola o dal lavoro per vedere un suo match (tranne Casper Ruud, leggere per credere) o magari quando c’era un suo incontro in tv si cambiava canale. Ma ciò che John Isner ha fatto per il tennis e ciò che è stato nulla o nessuno lo potrà cancellare. “Dear John, I see it all now that you’re gone” cantava Taylor Swift: nonostante il John in questione non fosse lui, per certi versi questa rottura può essere paragonata a quella tra il tennis e Isner, seppur con degli sviluppi differenti.
In fondo, nel bene o nel male, dopo il ritiro di Long John il tennis sarà un po’ diverso e, salvo degli sporadici Opelka della situazione, difficilmente ci sarà un nuovo Isner.