Ancora una volta la F1 si trasforma in una farsa, andando peraltro a rovinare uno dei weekend più divertenti di una stagione in fin dei conti spesso soporifera. Tra gare senza safety car né ritiri, pioggia e il dominio di Max Verstappen, troppo spesso abbiamo assistito a due ore di niente, in cui lo spettacolo si è visto col lanternino. Non in Austria, dove, al di là dell’adrenalina aggiuntiva con le qualifiche al venerdì e l’inserimento della sprint al sabato, alla domenica non sono mancati i colpi di scena, i sorpassi, i duelli di una volta.
Poi, però, ecco la piaga dei track limits a rovinare tutto, in primis con l’esistenza in sé, seppur motivata, delle sanzioni legate al superamento dei limiti della pista, ma in secondo luogo – e questa è la vera nota dolente – dall’incapacità di applicare in modo equo le stesse sanzioni, dall’essersi ingarbugliati su se stessi consentendo così a un team lungimirante e furbo come Aston Martin di ribaltare l’esito – per fortuna non il podio, almeno quello – della gara, con penalità a pioggia in serata. Giustizia è fatta, si potrebbe dire, perché le regole devono essere per tutti e gli oltre 1000 giri non valutati in presa diretta vanno poi analizzati, anche se in pesante differita. Ma non c’è giustizia in una gara che viene completamente stravolta rispetto a quanto si è visto in pista.
Così non va e gli appassionati, che già quest’anno fanno i conti con una stagione poco avvincente, rischiano di disamorarsi ulteriormente del prodotto. Intendiamoci: i track limits sono sacrosanti, perché un circuito è omologato entro certe misure e andare sempre oltre il cordolo garantisce un vantaggio in termini di velocità. Ma la legge è uguale per tutti: se è vero che ogni pilota e ogni team è consapevole che alla quarta violazione arrivano i 5″ di penalità, è anche vero che se sedici piloti su venti, con sette di questi sanzionati per averlo fatto ripetutamente, tra cui Ocon per il quale la sanzione è sestuplicata, mentre per altri, tra cui Sainz e Hamilton, è stata duplice, prima in pista, compromettendone in parte la gara, quindi dopo la revisione del risultato, facendoli sprofondare ulteriormente nell’ordine di arrivo, bisogna riflettere sull’utilità di questa regola.
In F1 corre l’elite dei piloti e se l’elite non riesce a non violare la regola dei track limits, vuol dire che qualcosa di sbagliato in fin dei conti c’è. Se in qualifica può starci cancellare il giro, perché questo deve essere pulito visto che ci si gioca la pole per una questione spesso di centesimi (e ne sono stati cancellati ben 47), in gara è apparso privo di senso andare a cercare il pelo nell’uovo.
E in ogni caso, posto che la regola ha un suo senso di esistere, il problema è stato quello di non averla saputa – o potuta – applicare, in un primo momento, in modo equo e omogeneo. Dunque, doppia criticità, risultato falsato, visto che alcuni piloti avrebbero potuto essere avvisati con bandiera bianco-nera e potenzialmente non ripetere più la violazione, non venendo dunque sanzionati in pista. Ne fa le spese Sainz, ne fanno le spese Hamilton, Ocon e tutti gli altri. Applausi all’Aston Martin, che in una situazione surreale ha saputo far valere le proprie ragioni nascondendo le difficoltà di prestazione.
Voto zero, invece, ancora una volta, alla Fia: bisogna cambiare, e presto. E infatti, già dai piani alti parlano di raccomandazione di inserire la ghiaia in curva 9 e curva 10, proprio dove sono avvenuti circa il 98% dei giri cancellati per track limits: c’era chi parlava di un’ipotesi non praticabile per via della MotoGP che corre su questo tracciato, ma le moto corrono già in circuiti con ghiaia. E allora, non resta che attendere il 2024: o la ghiaia e niente track limits, o una gestione migliore dei track limits che eviti attese di ore e ricorsi, oppure la cancellazione di questi.