Storia di un disastro annunciato. E’ questa l’estrema sintesi della retrocessione della Sampdoria, divenuta ufficiale in un lunedì di inizio maggio dopo la sconfitta in casa dell’Udinese che condanna i blucerchiati all’incubo della B. Un fallimento sportivo che però non è l’unico grattacapo per i tifosi doriani, che non meritavano assolutamente tutto ciò: già, perché dopo anni di malagestione di Ferrero, ora lo spettro è anche quello di scomparire dalla mappa del calcio italiano, e un club così glorioso, uno scudetto e tante annate in A, non può assolutamente permetterselo. Ma i conti della società sono disastrati e le scadenze sempre più asfissianti: serve un acquirente, e ci sono trattative per fortuna, o il prossimo anno non sarà certo Serie D ma bisognerà ricominciare tutto da capo.
Appena 17 punti in 34 partite, 0.5 di media, una miseria, e non possono essere spiegati esclusivamente con le vicende societarie che hanno influito su quelle di campo. Sicuramente hanno avuto un loro peso, ma si tratta di una retrocessione legata anche a temi prettamente tecnico-tattici, prima con Giampaolo, che lo scorso anno aveva salvato la squadra ma in modo balbettante, e che quest’anno ha iniziato molto male, anche a livello di comunicazione e di nervosismo. L’esonero è stato forse precipitoso, e al suo posto Stankovic non ha assolutamente brillato. Qualche vittoria qua e là come specchietto per le allodole, alcune sconfitte nel recupero con episodi dubbi, sempre però accolti con grande signorilità dal tecnico serbo, di sicuro apprezzato più fuori dal campo o davanti alle telecamere che per le sue doti di allenatore. Ma era difficile, era una missione quasi impossibile: una squadra demoralizzata, senza una società alle spalle, con tanti infortuni al netto comunque di una rosa che non è tra le ultime cinque del campionato.
Doveva andare così, ed è andata così: la retrocessione con quattro turni di anticipo è una macchia, e ora la speranza è quella di giocare in B il prossimo anno e di provare a fare come i cugini. Già, perché nell’anno della retrocessione – e del rischio fallimento – l’altra metà di Genova sorride, perché il Genoa, che lo scorso anno era passato dallo stesso incubo di salutare la Serie A, è riuscito a invertire la rotta nella serie cadetta conquistandosi la promozione matematica, giunta proprio due giorni prima dell’addio al massimo campionato dei blucerchiati. Adesso l’imperativo è quello di chiudere dignitosamente l’anno nelle ultime quattro partite, poi la vera sfida si sposta fuori dal campo e bisognerà trovare il modo di ridare solidità al club e di evitare che il dramma sportivo si allarghi a dismisura. Per il momento, a presto Samp.