Dall’euforia all’esaltazione, dalla gioia all’improvvisa delusione. Il Napoli rimanda la festa scudetto e anche l’appuntamento con la storia, visto che mai nessuna squadra in Serie A era riuscita – e a questo punto è riuscita – a vincere il tricolore con sei giornate di anticipo. E dopo aver aspettato trentatré anni, dopo la vittoria dell’Inter che aveva dato agli azzurri il destino nelle proprie mani, bisognerà attendere ancora: le centinaia di migliaia di persone che tra il Maradona totalmente colorato d’azzurro e l’intera città piena di gente pronta a festeggiare, dovranno entrare nell’ottica e assorbire il colpo. Hanno aspettato a lungo, possono farlo ancora per qualche giorno, visto che il nuovo match point, senza bisogno di aspettare altri risultati, è quello di Udine, dove basterà una vittoria o forse anche un pareggio, o persino si arriverà lì con lo scudetto vinto già dal divano mercoledì.
Un turno infrasettimanale in trasferta o dal divano non vale come il trionfo dentro casa, si perde del romanticismo, la narrazione difetterà di alcune pagine ma si arricchisce di altre, come il racconto di un pomeriggio in cui la Salernitana ha sparecchiato la tavola di cui parlava Sarri e nonostante il rinvio borderline all’indomani, nonostante il poco rispetto per i colori granata e la protesta dignitosa per la gestione dell’evento, ha ricordato a tutti che otto risultati positivi di fila non si fanno per caso, con Sousa che trova la nona sinfonia e rovina la festa azzurra.
Doveva andare diversamente, c’è delusione e la sensazione che una giornata perfetta, organizzata coi fiocchi, sia stata mandata a monte rispetto i piani. E’ vero che lo scudetto resta in tasca, e soprattutto meritato, è vero anche che i numeri non lasciavano tranquilli: è la quarta partita di fila che gli azzurri non vincono in casa tra campionato e Champions. Fisiologico, quasi logico: ora si va a Udine, perché è lì che si potrebbe dover festeggiare lo scudetto. Non importa dove, non importa quando: la gioia arriverà, e sarà grandissima.