La Roma ha vinto tre Scudetti in tre epoche diverse, l’era Amadei, l’era Falcao e l’era Totti. La Lazio ha vinto prima con la banda Maestrelli e poi ha affidato lo Scudetto del centenario alle mani di capitan Nesta. Fino ad oggi, il Napoli aveva vinto il tricolore solo con Diego Armando Maradona, alzandolo due volte in più di 90 anni, ma riuscendo a farlo solamente con il più forte di tutti in squadra. Vincerlo di nuovo oggi equivale quasi a farlo una prima volta, ad armi pari. Ha un sapore diverso e ha un volto ‘umano’ senza l’apporto del più grande. E’ un modo per dire che, sì, il Napoli sa vincere anche senza Diego. E se la copertina è di Kvaratskhelia e Osimhen, il trofeo è saldo nelle mani di Giovanni Di Lorenzo, il primo capitano del Napoli ad alzare lo Scudetto senza chiamarsi Maradona. La sua è la storia di un atleta che si è fatto scoprire tardi dal calcio che conta. E in pochi anni si è regalato un palmares invidiabile: una Coppa Italia, un Europeo e uno Scudetto. Lo ha fatto da leader, da titolare e da inamovibile, sia di Mancini che di Spalletti. E’ riuscito ad imporsi grazie alla fame di chi a 30 anni se si guarda indietro deve fare ancora i conti con una questione meramente numerica: quindici le stagioni in carriera, solo cinque quelle in Serie A, nemmeno la metà. Alle spalle cinque stagioni in Serie B (ma solo due da titolare), quattro di C e una di Serie D, con la Lucchese a soli 15 anni.
Poi l’occasione di una vita, in un Empoli orfano di Sarri e che sta per sprofondare in Serie B. Per una squadra che affonda, c’è il terzino che emerge e si fa notare dalle big. Il Napoli anticipa tutti e si assicura il padrone futuro della fascia. Gli anni sono 26, non quelli di una giovane promessa. La fame di farsi notare e di calcare i migliori palcoscenici è tanta, ma il tempo paradossalmente stringe. Dal 2019 al 2023 il Napoli cambia tre allenatori: Ancelotti, Gattuso e Spalletti. Ma la costante rimane lui. E quando il Napoli perde tre capitani in un colpo solo (Insigne, Koulibaly, Mertens), la fascia passa sul suo braccio. A luglio Spalletti aveva tracciato l’identikit: capitano è “chi ha rapporto con città e società, chi gode della stima dei compagni, ha spessore internazionale ed è un calciatore forte. Deve avere un equilibrio caratteriale, deve comportarsi in modo corretto con gli arbitri e che abbia la stima degli avversari”. La sintesi è Giovanni Di Lorenzo, sempre più bandiera, e oggi volto umano di uno Scudetto che ha inevitabilmente un sapore diverso dai precedenti.