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Berrettini, per uscire dalla crisi c’è bisogno di giocare (e vincere): pazienza e fiducia i segreti per ripartire

Matteo Berrettini
Matteo Berrettini - Foto Ray Giubilo

La sconfitta all’esordio a Indian Wells 2023 ha fatto suonare qualche campanello d’allarme per Matteo Berrettini, che finora sta vivendo una stagione al di sotto delle aspettative. Dopo una bell’Atp Cup, l’azzurro ha subito una brutta sconfitta a Melbourne contro Murray – con tanto di grave errore sul match point – prima di fermarsi per un mese al fine di dedicarsi alla preparazione fisica. Una scelta che finora non ha pagato visto che ad Acapulco è arrivato il ritiro contro Rune e nel deserto californiano si è arreso in tre set a Taro Daniel. Un periodo no alla cui base ci sono vari fattori. Sicuramente i problemi fisici stanno frenando Berrettini, privandolo soprattutto di quella continuità necessaria per esprimersi a certi livelli. C’è poi anche l’aspetto mentale, non essendo facile ripartire dopo una serie di risultati negativi e invertire il trend. Infine, dal punto di vista puramente tennistico, appare chiaro come i colpi di Berrettini facciano meno male rispetto al passato. Tralasciando il tanto discusso rovescio, sono il dritto e il servizio – le armi principali – a penalizzare Matteo, che non è più così incisivo e ottiene meno punti diretti.

Per quanto riguarda gli infortuni, ovviamente non dipende tutto da Matteo, anzi le cose che può controllare sono limitate. Tuttavia, proprio perché è un giocatore con un fisico fragile e più propenso a infortunarsi, bisogna cercare di fare tutto il possibile per preservarlo, 365 giorni all’anno. Diverso il discorso per quanto riguarda il suo tennis, che fino a poco tempo fa spaventava tanti tennisti nel circuito e ora sembra un lontano ricordo. Sicuramente il 2022 travagliato per via dei tanti infortuni non lo ha aiutato sotto questo punto di vista e c’è bisogno di tempo per recuperare determinati meccanismi. L’importante dunque è non accelerare i tempi, anche a costo di subire qualche ko doloroso, ma proseguire in un determinato percorso volto a tornare ad essere il giocatore di un tempo.

Un’altra prospettiva interessante è quella avanzata da Paolo Bertolucci, che sulle colonne della Gazzetta dello Sport ha ventilato l’ipotesi di un super coach che affianchi Matteo, sulla falsa riga di Darren Cahill con Sinner. Sicuramente una figura del genere, specialmente se esperta nel mondo del tennis e determinata ad aiutare l’azzurro, non potrebbe che fargli bene. C’è però da tenere in conto che Berrettini non è più un ragazzino e il suo tennis è ormai piuttosto delineato, basato su determinati principi e poco avvezzo a stravolgimenti. Inoltre, l’impressione è che Matteo il suo massimo l’abbia raggiunto o comunque ci sia andato piuttosto vicino con la finale di Wimbledon e le Atp Finals. Insomma, super coach o meno, ciò di cui ha bisogno Berrettini è equilibrio e fiducia, nei suoi mezzi e nel suo team, guidato dall’ottimo Santopadre.

Infine, un pizzico di fortuna in più non guasta. A volte per uscire da un periodo complicato, come ha detto Musetti, serve anche un po’ di c… oltre che di pazienza. La speranza è che a Berrettini possa accadere già a Miami, se non addirittura la settimana precedente nel Challenger di Phoenix, torneo a cui Matteo prenderà parte grazie a una wild card. Una scelta che può sorprendere e magari anche far discutere (specialmente in caso di sconfitta), ma alquanto sacrosanta. Per tornare ai suoi livelli Berrettini ha anche bisogno di giocare tante partite, così da limare i dettagli e ritrovare il suo tennis. Farlo lontano dai riflettori in un torneo di secondo piano potrebbe rivelarsi una mossa vincente. Qualora le cose dovessero andare male, allora toccherà aspettare la terra rossa, superficie in cui negli scorsi anni ha fatto molto bene, con tanto di finale a Madrid e quarti al Roland Garros.

Ripartire con umiltà e pazienza, concentrandosi sul tennis e allontanando le polemiche in merito a presunte distrazioni che ormai trovano grande riscontro sui social. Certi pensieri andrebbero semplicemente evitati, ma è quasi inevitabile chiedersi se davvero c’è qualcuno che creda che un professionista esemplare come Matteo sia disposto a gettare via tanti anni di duro lavoro e sacrifici per un qualcosa che da un giorno all’altro può svanire. “Mi alleno 5 o 6 ore al giorno, sto al circolo 12 ore al giorno; ma appena posto una foto su Instagram all’improvviso non mi concentro sul tennis” aveva detto tempo fa Emma Raducanu, anche lei criticata perché apparentemente poco interessata al tennis. Morale della favola? Avere fiducia in Matteo, essere pazienti e non giungere a conclusioni affrettate. Berrettini tornerà (infortuni permettendo) e dimostrerà quanto vale davvero.

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