A otto mesi dall’inizio del conflitto armato, gli ex tennisti Sergiy Stakhovsky e Alex Dolgopolov sono ancora al fronte in Ucraina. A tornare sulla loro storia è L’Équipe, che riporta nuovi commenti dei due ex atleti, con il primo che a inizio anno aveva giocato all’Australian Open il suo ultimo torneo professionistico: “I corpi in decomposizione che ingombrano le strade, tra facciate distrutte, detriti sparsi, trincee appena scavate e ostacoli anticarro, vestono una cittadina di 70.000 abitanti un tempo nota per i suoi spumanti – spiega ora Stakhovsky, che poi prosegue – Vedere i corpi non ha più importanza per noi. Forza dell’abitudine. Sfortunatamente, gli esseri umani possono adattarsi a qualsiasi cosa. Quindi ci adattiamo ai bombardamenti. Ci adattiamo alla paura. E ci adattiamo alla morte”.
“All’inizio è stato molto difficile, ma se provi a restare forte, passa. Se ti preoccupi troppo a lungo, finirai in un manicomio”, racconta invece Dolgopolov, che ora è un operatore di droni in un’unità dell’intelligence militare ucraina: “Raccolgo informazioni, do obiettivi alla nostra artiglieria. Il nemico può essere a 500 metri o a cinque chilometri. Ma sono sicuro che presto avremo missioni in cui ci sarà un contatto diretto. Sono pronto”. Infine, l’attacco al mondo del tennis: “Molte organizzazioni scelgono i dollari restando in disparte, fingendo che i russi non abbiano niente a che fare con Putin e nemmeno sanzionando chi sostiene la guerra. La storia giudicherà le loro azioni. La verità è che la maggior parte dei russi sostiene Putin e la sua guerra“.