La prima cosa che c’è da sapere sugli stadi che ospiteranno il Mondiale in Qatar, è che nel 2010, quando il torneo fu assegnato a Doha, ancora non esistevano. La seconda è che la loro costruzione lampo non dipende solo da miracoli dell’architettura. Oltre 30.000 lavoratori migranti sono stati impiegati nell’ambito dei lavori, la maggior parte da Bangladesh, India, Nepal e Filippine. E secondo il Guardian, 6.500 operai migranti sono morti nel periodo 2011-2020. Non tutti in progetti legati al torneo. Nel complesso il Qatar in questo decennio è intervenuto su un nuovo aeroporto, strade, sistemi di trasporto pubblico, hotel e persino una nuova città, Lusail, che ospiterà la finale nella cornice del Lusail Iconic Stadium. L’impianto è stato inaugurato nel 2017, ha una capienza di 80.000 spettatori ma dopo il Mondiale dovrebbe riconfigurarsi come stadio da 40.000 posti. Stesso discorso per l’Al Bayt Stadium. Ne ospita 60.000, ma dopo il Mondiale la capienza verrà ridotta a 32.000. Il suo design è legato alla Bayt Al Sha’ar, una tenda in bianco e nero utilizzata tradizionalmente dai nomadi del Qatar.
Cambiamenti, più drastici, anche per lo Stadium 974. Nessuna riduzione di posti, semplicemente non esisterà più dopo la finale. Si tratta del primo impianto temporaneo della storia dei Mondiali e dopo la rassegna sarà smantellato. Deve il suo nome al prefisso del Qatar (+974) ma anche al numero di container impiegati per la costruzione. Un po’ d’Italia si affaccia allo stadio Al-Janoub. La copertura dell’impianto è stata infatti affidata all’azienda italiana Maeg Costruzioni. L’Europa già conosce l’Education City Stadium che nel 2020 incoronò il Bayern Monaco nella finale del Mondiale per Club contro il Tigres. E presto conoscerà lo Stadio Al-Thumama. Sarà l’Olanda ad esordire nell’impianto che ha la forma della ‘shashia’, il tipico copricapo maschile del mondo arabo. Un filo di tradizione nel Mondiale degli scandali.