La finale da favola delle cenerentole d’Europa resta tale per l’Eintracht Francoforte, che torna a vincere questa coppa dopo 42 anni, da imbattuta e ai rigori. Dopo aver eliminato squadre come il Barcellona e il West Ham, e riportando la Coppa Uefa/Europa League in Germania, dove mancava da venticinque anni. Diventa un incubo, invece, per i Rangers, che tornano a Glasgow con la delusione di aver sfiorato un gran trionfo dopo una cavalcata da underground, consapevoli di poter mettere le basi per un ciclo importante, ma distrutti per una lotteria dal dischetto rovinata da Aaron Ramsey, che chiude una stagione da incubo iniziata alla Juventus e proseguita altrettanto male in Scozia. La coppa la alza Rode, metà stadio festeggia a Siviglia per l’hic et nunc, ma c’è anche da pensare al futuro, perché questa squadra, che ha chiuso addirittura undicesima la sua stagione di Bundesliga, il prossimo anno si ritrova catapultata in Champions League, peraltro in prima fascia. E la Germania porterà cinque squadre nella coppa principale, otto in tutto nelle competizioni europee.
Il calcio italiano si appella alla Roma per mettere fine a un incubo che dura ormai da più di dieci anni. Ci sono state le finali, ma vanno vinte. Come fanno i tedeschi, gli inglesi, gli spagnoli. Come non facciamo noi, da troppo tempo. Stasera festeggia l’Eintracht, Borré è l’eroe di tutta la competizione: ha eliminato lui il Barcellona, ha segnato anche stasera rispondendo all’iniziale vantaggio di Aribo, ha tirato alla perfezione il rigore decisivo. Ma Glasner è riuscito a costruire un bel gruppo, una squadra solida e camaleontica, votata a un calcio sia offensivo che fisico, senza troppi ghirigori di troppo che invece vanno di moda. Un pallone alla tedesca, un pallone vincente. Applausi anche agli scozzesi di Van Bronckhorst, che avrebbero meritato anche loro questo trionfo. Ma vince solo una. Vero Roma?