“Quest’anno penso ancora di non essere candidato a vincere uno Slam. Sì, posso vincerlo, non dico di no, perché nel tennis può succedere di tutto. Ma non andrò a quei tornei essendo uno dei favoriti o uno dei candidati per vincerlo. Penso sempre a come sarebbe essere il numero uno, a come sarebbe vincere l’ultimo punto del mio primo Slam. Penso sempre a come festeggerei il mio primo Grande Slam o come festeggerei la vittoria della partita che mi permette di essere il numero uno al mondo”. In una lunga intervista a Marca, l’astro nascente del tennis mondiale, Carlos Alcaraz, ha parlato dei suoi progressi che lo hanno proiettato in top-20 nel giro di pochi mesi, lui che per gran parte degli opinionisti è destinato a diventare il futuro numero uno al mondo.
Ad appena diciotto anni, il predestinato spagnolo è già diciannovesimo nel ranking Atp e sembra avere tutte le carte in regola a livello tecnico e mentale per arrivare in top-10 entro fine anno: “Il mio obiettivo era fare top-15 entro fine anno, ho ancora cinque posti da guadagnare e quando li raggiungerò cercheremo nuovi obiettivi per la fine dell’anno. Ovviamente sogno di finire l’anno tra i primi 10. Voglio affrontare Djokovic e giocare ancora con Nadal. Sono più maturo e gestisco meglio le mie emozioni se guardo la partita che ho giocato con Nadal a Madrid. Se gioco con lui, sarà diverso”.
Di recente, Alcaraz ha giocato per due volte con Berrettini, perdendo con l’italiano agli Australian Open e battendolo poi a Rio, torneo vinto dal classe 2004. Proprio in queste due uscite stagionali, in molti hanno notato i suoi miglioramenti a livello fisico: “Mi sento molto meglio fisicamente, più forte, più preparato, più tutto. Il fisico è importante per sapere che sei preparato a sopportare partite impegnative. È qualcosa che abbiamo cercato con tutto il team”.
E’ nota la passione per gli scacchi del giovane tennista iberico: “Sono stato ripreso dalle telecamere alla Next Gen di Milano e a Rio ho anche dormito perché il riposo è importante e ancora di più in una settimana così intensa in cui pioveva e le partite erano in ritardo. Il recupero è stato fondamentale e i sonnellini prima delle partite sono per me. E gli scacchi mi aiutano perché tu sei concentrato, la tua testa funziona. Negli scacchi, come nel tennis, ti perdi per un attimo e il gioco è già confuso. In questo aspetto sono due discipline abbastanza simili”. E nell’intervista, lo spagnolo scherza anche sulla patente conseguita da pochi giorni: “Sinceramente non so quando ero più nervoso, nel test per il rilascio della patente o nella finale di Rio con Schwartzman”.