“Sono un caterpillar, quando vado sulla linea di tiro è come se andassi in guerra“. Guendalina Sartori, 27 anni di Monselice, arciera della nazionale italiana, fa della determinazione il mantra quotidiano. In uno sport dove la componente mentale è quasi tutto, bisogna pensare a una freccia alla volta e immaginare che vada diritta al cuore della propria avversaria. Perché colpirla nei punti deboli può fare tutta la differenza del mondo. E se di mezzo c’è un’Olimpiade diventa ancora più bello. È un grande periodo per Guendalina, protagonista a Marrakech e poi a Nimes, dove ha battuto la primatista del mondo Park Sehui ed esultato indicando il ragazzo. Perché, per poter puntare diritta al cuore delle avversarie, prima di tutto bisogna avere una corazza. E la corazza è spesso formata dalle persone più importanti, quelle da cui non puoi proprio dividerti, come racconta Guendalina nell’intervista esclusiva concessa a Sporface.it alla vigilia della partenza per Ankara, dove lunedì prossimo comincerà il Mondiale indoor di tiro con l’arco.
Impossibile non partire da Nimes dove, lo scorso mese, hai dominato la coreana Park Sehui, primatista mondiale: che emozione è stata?
“Sapendo che aveva fatto il record del mondo proprio il giorno prima c’era un po’ di tensione. Sapevo che comunque avrei dovuto dare il meglio per vincere e sicuramente c’è un pizzico di soddisfazione in più a battere uno dei mostri sacri dell’arceria: è stata una grande vittoria”.
Grande come la qualificazione all’Olimpiade, ottenuta lo scorso anno al Mondiale di Copenaghen grazie alla vittoria sull’azera Olga Senyuk?
“Beh, in Danimarca è stata dura. Il giorno prima ho perso contro la georgiana Narimanidze e temuto la fine del mio sogno. Avrei voluto qualificarmi subito, per fortuna ho avuto la possibilità del torneo secondario, una chance in più. Mi sono giocata il tutto per tutto, ho dato il meglio in condizioni davvero difficili con pioggia, vento e freddo. E’ stato difficile ma sono riuscita a realizzare una piccola parte del mio sogno. E adesso lavoro tanto per cercare di realizzarlo”.
Come nasce la tua passione per l’arco?
“Ci sono arrivata dopo aver provato diversi sport. Ho cominciato da piccola con il nuoto, disciplina che comunque continuo a praticare anche adesso perché mi piace veramente tanto, ma non mi trovavo con l’allenatore che avevo all’epoca e allora ho provato la pallavolo, che però era troppo distante da casa e i miei genitori non potevano portarmi agli allenamenti. Mi sono fermata per un paio d’anni, poi all’età di undici anni mi sono innamorata del tiro con l’arco e non ho più smesso. L’ambiente è sano, c’è coerenza e sportività: a questi livelli non è proprio come pensavo, ma comunque voglio continuare a vederlo con la stessa idea”.
Un consiglio per i giovani?
“La prima cosa è divertirsi. Se ti diverti le cose le fai bene, altrimenti diventa un peso e non lo fai più volentieri”.
Ci racconti la tua giornata di allenamento?
“Dal 26 di ottobre mi sono trasferita a Cantalupa, al centro federale. Sto lavorando duramente tutti i giorni, tre volte alla settimana mi sveglio alle 6.30 per andare in piscina, poi vado subito al campo ad allenarmi, sino a sera quando ci dedichiamo alla parte fisica: attività in palestra piuttosto che corsa, cyclette…variamo su tutti i fronti insomma”.
Un aneddoto divertente?
“Domanda difficile perché quando vado sulla linea di tiro chiudo completamente i contatti con il mondo esterno e mi concentro solo su quello che devo fare in quel momento. Penso a una freccia alla volta pensando di tirarla al meglio e non bado a quello che succede intorno a me. Mi hanno definito un caterpillar, cerco la sopravvivenza allo scontro. Io la definisco così”.
Come se andassi in guerra…
“Sì, perché comunque gli avversari sono sempre più forti e sono quasi sempre gli stessi. Quindi sai quali sono i loro punti deboli sui quali giocare e sui quali prendere un po’ di vantaggio, però è sempre e comunque un terno al lotto”.
La componente mentale in tutti gli sport è dominante. Ma nel tiro l’arco forse ancora di più.
“È così. Il massimo dell’agitazione l’ho provata prima della finale di Nimes contro la coreana Park. Sono partita da casa che non stavo proprio bene e quindi già avevo immaginato una gara negativa. Invece mentre ero lì, una freccia alla volta sono riuscita a riprendermi. Ma soprattutto ho visto un sacco di gente, come mai mi era capitato in una gara di tiro con l’arco. C’erano tantissimi italiani e per me è stato davvero motivo d’orgoglio perché non pensavo di poter regalare così tante emozioni anche agli altri”.
Quali persone sono per te fondamentali?
“Il mio ragazzo, presente alla gara di Nimes. Ho esultato proprio indicando lui, mi sostiene soprattutto in questo momento che siamo distanti, ma lui c’è sempre. Poi c’è anche lo psicologo della federazione che mi segue dal 2010. E’ una persona fantastica, mi ha aiutato tantissimo nella crescita sportiva e personale”.
Hobby?
“In questo momento leggere, mi sono riscoperta una grandissima lettrice. E poi viaggiare, che per noi è all’ordine del giorno. Se non ti piace diventa problematico”.
Tre aggettivi per descriverti, tra pregi e difetti.
“Sono estremamente buona, gentile, però nello stesso tempo se mi accorgo che vengo presa in giro mi ribello e posso anche diventare cattiva. Sono sempre disposta ad aiutare gli altri e sicuramente non sono ordinata, quello mai. Basta guardare la mia camera (ride, ndr)“.
A quale atleta ti ispiri?
“Seguo tutti gli sportivi e ammiro Federica Pellegrini: ho tratto alcuni spunti da lei per come è riuscita ad uscire a testa alta dai momenti di difficoltà. Seguo anche Alex Zanardi che, con tutto quello che ha passato, riesce veramente a tirar fuori il meglio di se stesso. Gli ho chiesto l’amicizia su Facebook e lui me l’ha accettata: non ci potevo credere! Lui e la Pellegrini sono i due atleti più importanti nella mia vita sportiva, le cose che fanno mi servono da spunto per poter lavorare su me stessa”.