“La passione della ginnastica è come un virus che ti prende: cominci, sono tante le cose nuove da scoprire per rinnovarsi, non devi restare bloccato in certi schemi, cosa che a me non piace fare, ci sono miriadi di possibilità che questa disciplina ti offre.”
Sono le parole di un uomo che ha dedicato la sua vita alla ginnastica artistica e che ha portato quella italiana ai massimi livelli internazionali. È il direttore tecnico della nazionale femminile e fondatore della società Brixia, Enrico Casella, con cui Sportface ha avuto il piacere di condividere una ricca conversazione.
Ingegnere nucleare, è stato, prima di importante figura della ginnastica, atleta di spicco del mondo del rugby, sport che gli ha anche regalato uno scudetto con il Rugby Brescia e delle convocazioni nella nazionale under23. “Io ho fatto ginnastica artistica da giovane, ma non ero proprio portato per questa disciplina (risata). Molto meglio giocavo ad uno sport di combattimento, più aggressivo, dove sofferenza e tenacia sono fondamentali. E questi due fondamentali nella ginnastica si possono certamente ritrovare. È uno sport ad ampio spettro ed è per questo che l’ho scelto per cercare di trasmettere il mio sapere. Nella vita bisogna fare quello in cui più si crede e non ho sbagliato (risata).”
Ora il 100% di sé è dedicato alla ginnastica artistica, grazie alla quale andrà per la terza edizione di fila ai Giochi Olimpici da direttore tecnico della nazionale. “Grazie ai Mondiali di Glasgow siamo stati in grado di qualificare la squadra femminile all’Olimpiade, il che vuol dire che avremo cinque ginnaste che gareggeranno ai Giochi. È importante perché solo dodici squadre hanno questa opportunità, mentre le altre possono portarne al massimo due, se non addirittura zero.” Esordisce così Casella, quando cominciamo a parlare di Olimpiade e ginnaste, in tono fiero e soddisfatto. “Le quattro squadre che ancora non sono qualificate verranno scelte al test-event di Rio De Janeiro ad aprile; noi ci saremo con un paio di individualiste ma solo per fare un po’ di esperienza. Per il 2016 l’obiettivo principale è preparare al meglio i Giochi Olimpici. Stiamo rimettendo un po’ in sesto quelle atlete che hanno avuto qualche acciacco o qualche problema, anche in seguito od in conseguenza alle performance di Glasgow.”
I problemi fisici non sono nuovi in Casa Italia, ma le prospettive di risultato sono timidamente positive da parte del direttore tecnico, soprattutto da alcune individualità. “A Glasgow abbiamo puntato sulla sicurezza del risultato, serviva essere tra le prime otto ed abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. A Rio invece dobbiamo rischiare qualcosa di più se vogliamo ottenere un grosso risultato, a cominciare dall’entrata nelle finali individuali, perché tutti daranno il massimo per entrare nella finale che conta. Parlando di carte da medaglia,” che manca al femminile all’Italia addirittura dal 1928, quando vincemmo un argento nel concorso a squadre, “abbiamo diverse ragazze che hanno buone possibilità. Pensiamo a Vanessa Ferrari al corpo libero ed alla trave, ad Erika Fasana al corpo libero ed anche a Carlotta Ferlito alla trave; queste sono principalmente le nostre possibilità di medaglia.”
Gli obiettivi di cui parliamo non sono però di solo breve termine, perché le più giovani già pensano all’Olimpiade del 2020: “Per il settore giovanile l’appuntamento più importante del 2016 sarà quello degli Europei di Berna di inizio giugno; invece con alcune giovanissime delle annate 2003 e 2004 stiamo preparando una squadra B, più giovane, ma parte di un progetto molto importante in vista dell’Olimpiade di Tokyo.”
Con così importanti individualità, anche la squadra potrebbe arrivare ad una sorpresa, ma come ci viene spiegato, questo è davvero difficile da sperare. “La sorpresa positiva è quasi impossibile, purtroppo la sorpresa negativa è fin troppo facile,” sintetizza al meglio Casella. “La sorpresa in positivo è complicata perché il tutto è costruito con tanto tanto lavoro, il programma si studia, si prova e riprova ed i singoli componenti si inseriscono, si sbagliano, si imparano, si perfezionano e si tengono solo se vengono perfettamente consolidati. Non ci si inventa nulla al momento per sorprendere. Possono capitare dei grandi exploit solo su esercizi molto complessi che magari sono difficilmente eseguibili in maniera corretta e vengono perfetti proprio il giorno che conta. Poi chiaramente il tutto si gioca in frazioni di secondo, il nostro sport è molto crudele sotto questo punto di vista.”
I successi degli anni passati ed i possibili successi in arrivo non sono comunque riusciti a far evolvere, almeno a livelli economico, di notorietà e di strutture, la ginnastica artistica in Italia, paese che da sempre penalizza gli sport minori. “A livello di strutture ed impiantistica siamo chiaramente molto molto indietro rispetto a tanti; rispetto alla Francia ad esempio c’è un abisso. In compenso siamo molto più forti della Francia (risata). In sostanza, sopperiamo all’italiana alle forti carenze strutturali: con tanta buona volontà, grosse capacità, esperienza maturate ad alto livello, dopotutto l’Italia della ginnastica al femminile è ad alti livelli internazionali ormai da tanti anni.” Questo spazio internazionale, a detta dello stesso Casella, è stato costruito a partire dagli Europei 2005 e dai Mondiali 2006, quelli della vittoria di Vanessa Ferrari, sua allieva (e di cui trovate la nostra intervista a questo link). “Forse al momento attuale siamo un pochino più indietro rispetto alla ginnasta di punta, ma siamo al top senza dubbio dal punto di vista del gruppo. Mantenere questo status internazionale lo facciamo con delle difficoltà economiche. Questa è la situazione e non possiamo che affrontarla, usando la qualità italiana per eccellenza: sapersi arrangiare.”
Ed il sapersi arrangiare ha portato al Brixia e soprattutto alla ginnastica italiana la struttura in cui stiamo parlando in questo momento, il PalAlgeco. “Con il grande successo del 2006 siamo riusciti ad ottenere il PalAlgeco, dove ci troviamo ora. È una struttura sicuramente all’avanguardia e dedicata alla ginnastica, e almeno al femminile la migliore in Italia, anche solo per i 900 metri quadrati completamente a disposizione.” Fu Vanessa Ferrari stessa, dopo la sua vittoria mondiale, a chiedere all’allora Presidente del Consiglio Prodi una struttura adeguata per i suoi allenamenti ed all’appello rispose la Algeco, società scozzese di prefabbricati. “Questa è inoltre accademia nazionale della federazione e quindi punto di riferimento dove si preparano tutti gli incontri ed i ritiri collegiali, prima delle competizioni o per periodi particolari come l’estate, e dove si fanno anche tutti i controlli tecnici delle atlete, per controllare lo stato dell’arte se così possiamo dire. In questa struttura ci sono poi tutte le squadre agonistiche della Brixia.”
Proprio tramite la società Brixia, nata da Enrico Casella, sua moglie Daniela Leporati e l’allenatrice Paola Rietti nel 1984, sono nate numerose campionesse ed olimpioniche, a partire da Francesca Morotti ad Atlanta nel 1996, fino a Vanessa Ferrari ed Erika Fasana nella prossima a Rio de Janeiro. “Abbiamo fondato la società 31 anni fa (sospiro), subito con l’intento di fare ginnastica di alto livello,” racconta con sguardo fiero. “Abbiamo dovuto costruirci man mano le strutture, passando per palestre dove giorno per giorno dovevamo montarci e smontarci tutte le strutture, e anche per una vecchia piscina in disuso, dove abbiamo costruito una campionessa del mondo con una struttura assolutamente inadatta. Basti pensare che era larga 10 metri da muro a muro e la pedana del corpo libero dove ci si allenava non era nemmeno regolamentare perché troppo piccola.”
Una delle maggiori e più importanti innovazioni portata sul panorama italiano dalla società bresciana, e che ora è punto di riferimento per la federazione, è il progetto SIB (Sviluppo Integrale Brixia), pensato nel 1990 e subito foriero di importanti conseguenze e risultati. “Prima la Federazione necessitava dei centri, dove portava le ragazze e istituiva anche una scuola speciale per aiutarle con il loro percorso scolastico. Noi invece abbiamo pensato di mantenere le ragazze all’interno del loro contesto sociale, rimanendo a casa e lavorando nella nostra società, abbinando un’attività scolastica privata ed adeguata, organizzata in modo da permettere anche l’attività sportiva nel migliore dei modi, rendendo tutte le attività compatibili.” I risultati, anche solo a livello Brixia, sono stati mirabolanti: “Dagli Europei del 1994 a Stoccarda non abbiamo mai smesso, come Brixia, di portare in tutte le massime competizioni internazionali almeno una nostra ginnasta nella compagine nazionale che ha partecipato a questi eventi.”
Sfruttando i suoi studi ingegneristici, Casella stesso si prodigava nell’insegnamento della matematica, mentre la moglie architetto e la madre si occupavano rispettivamente delle materie tecniche e di quelle umanistiche, insegnando alle ragazze direttamente da casa Casella. “Il progetto si è poi sviluppato ed ora un po’ tutto il settore femminile si orienta con le linee guida del progetto SIB. Cerchiamo il più possibile di evitare di far traslocare le ragazze a meno che risulti inevitabile, per quei posti dove non ci sono le condizioni migliori. Il progetto è spiegato dal nome stesso e dalla parola ‘integrale’: ci si occupa non solo dell’aspetto sportivo, ma anche di quelli sociale, scolastico, della persona, promuovendo una crescita completa delle ginnaste anche come persone. Qui a Brescia abbiamo anche la possibilità di utilizzare la foresteria; le ragazze si allenano qui la mattina, al pomeriggio hanno un secondo allenamento e poi scuola o a volte solo scuola, e sono seguite a livello quasi individuale.”
E nella sua evoluzione, il progetto ora include anche aggiornamento e supporto a tecnici e società: “Non ci limitiamo a rendere il più semplice possibile la vita della atleta e della ragazza, ma estendiamo il progetto anche ai tecnici ed alle società, nell’ottica di un miglioramento a livello di movimento. È chiaro che il tutto necessita di monitoraggio periodico, la cui frequenza dipende dalla distanza da Brescia. È un sistema molto elastico, che si adatta alle diverse situazioni.”
Il nostro tempo a disposizione sta per scadere, le ragazze che si stanno allenando, che volteggiano, saltano sulla trave e volano tra le parallele asimmetriche chiedono l’aiuto ed i consigli del loro allenatore, ma ci riserviamo la possibilità di chiedere un’ultima domanda. “La soddisfazione più grossa da allenatore? Sinceramente non ci avevo mai pensato.” Dopo qualche secondo di concentrazione prosegue: “Sicuramente il Campionato del Mondo di Vanessa Ferrari resta qualcosa di unico, non solo per il risultato in sé, che certamente non è da tutti, ma anche per come è arrivato, per tutto quello che c’è stato in quella giornata, in termini di lavoro, fatica, emozioni, sofferenza. Ricordiamo che lei ha vinto ma ha fatto anche un errore alla trave che poi ha recuperato.” Un sospiro e poi conclude. “Una durissima lotta e quando c’è da lottare a me piace e forse è per questo che scelgo questo evento, visto che poi l’obiettivo per cui si lottava era davvero elevato. Esserci riusciti resta qualcosa di unico in una carriera.”