“Sfortunatamente noi giocatrici non possiamo scommettere sul tennis, altrimenti oggi avrei portato a casa lo stesso montepremi della Raducanu”. Bibiane Schoofs, tennista olandese numero 309 Wta e prima avversaria agli Us Open della britannica, ha così twittato poche ore dopo la finale femminile di New York. Schoofs è stata sconfitta dalla Raducanu al primo turno di qualificazione con il punteggio di 61 62 e, evidentemente, aveva capito tutto della giovanissima Emma, vincitrice degli Us Open senza perdere alcun set.
Le sensazioni di chi l’ha incontrata o vista da vicino, che siano giocatrici (in campo) o coach (fuori dal campo), rappresentano le testimonianze più attendibili e veritiere sul presente e sul futuro di Emma Raducanu. Da dove arriva e cosa potrà ottenere la diciottenne britannica? Lo abbiamo chiesto a chi l’ha affrontata nel passato, più o meno recente, a chi l’ha osservato dal vivo e a chi, come coach Adriano Albanesi, la studia attentamente da mesi. “Ricordo che appena uscita dal campo chiamai il mio maestro esclamando: ‘oggi ho giocato con una che diventerà tanto forte’. Quel match di 7 anni fa è ancora vivido nella mia memoria”. A parlare è Benedetta Ortenzi, diciottenne romana con qualche punto Wta in casina, che affrontò Raducanu al terzo turno del torneo Tennis Europe under 12 di Porto San Giorgi nel 2014. “Avevo superato le qualificazioni e due turni nel main draw, stavo giocando molto bene ed ero convinta di potermela giocare con Emma anche se, al solo vederla camminare fuori dal campo, mi era sembrata di un altro pianeta: il modo in cui camminava e si preparava al match con il suo staff; sembrava una professionista già a 11 anni. Mi ha lasciato due game ma, ancora di più oggi dopo la sua vittoria a New York, rimane un ricordo bellissimo”.
Qualche anno dopo, nel marzo 2019, Emma Raducanu ha raggiunto la finale nel 15.000$ sul veloce di Tel Aviv. Ad affrontarla nell’ultimo atto del torneo israeliano fu Corinna Dentoni, vincitrice del titolo grazie a un netto 64 63. “Devo essere sincera – ha raccontato Corinna –: giocava già bene ma non mi impressionò tennisticamente. Io giocai bene e portai a casa match e trofeo, ma non avrei mai scommesso su una sua vittoria Slam. Mi colpì però molto quanto lavorasse giornalmente con tutto il suo team e sua mamma in quei giorni. Si comportava da professionista anche se all’epoca era intorno al numero 600 del mondo. Era già pronta a questa vita”.
Otto mesi più tardi anche Deborah Chiesa ha avuto modo di saggiare il tennis della britannica. Accompagna da coach Francesco Piccari, la trentina rimediò due game nel match di primo turno. “Arrivavo da un momento negativo – ha spiegato l’azzurra – e quello fu sostanzialmente il mio ultimo incontro prima del Covid e dei tanti problemi fisici e di salute. Non conoscevo Raducanu, l’avevo vista lì per la prima volta in quei giorni. Era già griffata e super sponsorizzata, seguitissima dalla federazione. Io non avevo espresso un buon tennis, anche a causa di una superficie molto rapida, ma fui presa letteralmente a pallate. Mi travolse: appoggi perfetti, servizio ottimo, mi lasciava ferma; se non giocavo profondissimo non vi era modo di fare punto, scoppiava la palla. Certo, mai avrei pensato che potesse vincere uno Slam due anni dopo…”. A rimanere impressionato fu anche coach Piccari. “Avevo visto Raducanu nelle qualificazioni – ha raccontato l’allenatore del Piccari & Knapp Tennis Team – e ammetto che speravamo tutti che non venisse sorteggiata con Deborah. Si muoveva bene, colpiva ancor meglio. Ho visto la finale di New York insieme a Karin (Knapp; ndr) ed eravamo concordi sul fatto che Raducanu e Fernandez siano davvero molto complete: fisico, tattica, capacità nei pressi della rete e ovviamente grandi colpi. Sono giocatrici molto complete già a 18-19 anni ed era tanto che non ne vedevo di così ben costruite e a quell’età. In questo momento particolare del tennis femminile, queste ragazze possono fare la differenza”.
È dello stesso avviso anche Adriano Albanesi, già coach di Lesia Tsurenko e consulente del team di Elena Rybakina. “Raducanu è terribilmente forte, così come terribilmente difficile sarà per lei confermarsi, perché la gestione del successo non è mai banale. Durante il torneo la britannica ha sempre camminato con personalità e tranquillità, gestendo l’acceleratore neanche fosse una giocatrice di trent’anni. Nessuna l’ha portata al limite dal punto di vista del punteggio, ma tennisticamente si. E in quei casi Raducanu è stata magistrale. Mi sento di dire che non si tratti di un fuoco di paglia. Vorrei però vederla affrontare una giocatrice con determinate caratteristiche, per capire come andrebbe ad affrontare slice molto bassi, palle lavorate e varie. Sarebbe stato bello un match tra Raducanu e Roberta Vinci; non si può fare? Allora vediamola con Barty, Krejcikova o altre tenniste abili nel far giocar male le avversarie”. Scendendo nei dettagli del gioco di Raducanu, coach Albanesi spiega che Emma “è impressionante quando, durante lo scambio, sale l’intensità: riesce a tenere il baricentro basso e va velocissima con la mano. Ogni tanto può perdere l’assetto perfetto sul dritto e allora le scappa via il colpo, ma capita di rado. La risposta fa paura, così come il servizio e i primi colpi in uscita. Mi è piaciuta tanto anche Leylah Fernandez: queste due ragazze credo alzeranno al cielo tanti trofei importanti”.