Tre anni chiusi con un grazie. Anzi, con un “grazzie”, ma poco importa. Cristiano Ronaldo ha deciso di non portare a termine la sua missione, quella di aiutare la Juventus a vincere la Champions, quella per cui aveva firmato un quadriennale. Ogni anno è stato peggiore del precedente da quando è sbarcato a Torino, sia a livello di titoli che di sue prestazioni: i gol non sono mai mancati, gli acuti nemmeno, ma un certo sottobosco della tifoseria bianconera ha sempre più cominciato a individuare proprio nel portoghese uno dei problemi di campagne europee – e persino italiane – al limite dello sciagurato.
Ora, però, con il ritorno di Allegri, Dybala che sta bene e vuole rinnovare, Chiesa ormai lanciato, sembravano esserci tutti i presupposti per un’annata di livello. Ronaldo, evidentemente, non era dello stesso avviso e ha preferito la fuga. Nei giochi dei ragazzini si dice “quittare”, abbandonare in corsa, una ritirata sul modello degli eserciti più sgangherati. E’ questo quanto fatto da Ronaldo, fuggire senza un reale motivo, se non quello di seguire il proprio istinto. E quante volte questo gli ha fruttato tanto.
Messi si trasferisce al Psg, CR7 non poteva essere da meno. E prova ancora a oscurare il proprio acerrimo rivale: mentre la Pulce lascia il porto sicuro di anni e anni, la stella di Madeira fa ritorno dove tutto è cominciato ad alti livelli, quel Manchester United con cui ha vinto la prima Champions delle cinque complessive e il primo pallone d’oro. Lo fa però con quella che è una piccola telenovela che comincia con la panchina di Udine, passando per il gol annullato – sarebbe stato quantomeno romantico chiudere con una rete – che passa per mille rassicurazioni sulla sua permanenza, prima che mercoledì sera precipiti tutto. Ronaldo punta i piedi, se ne vuole andare, Mendes lo propone qua e là.
L’accordo col Manchester City sembra trovato, ma l’intesa con Guardiola manca. E così, mentre CR7 vuota l’armadietto, saluta Allegri e compagni e vola a Lisbona per pianificare il suo futuro, arriva l’accelerata. La città, effettivamente, è proprio Manchester, ma Ronaldo non tradisce la sua vecchia squadra e non smentisce le sue parole (“Mai al City”). E così, è ritorno romantico ai Red Devils. Il posto giusto dove sparare le ultime cartucce, ma il suo addio è stato concepito nel modo sbagliato e, soprattutto, al momento sbagliato.
Già, perché la Juve mai e poi mai pensava di poter perdere il suo fuoriclasse e leader a tre giorni dalla fine del mercato. E soprattutto, con le mani legate, sparring partner dell’evolversi degli eventi. Una società che si riscopre debole e che ancora una volta è sulla graticola. Ora Ronaldo va sostituito, i nomi fatti sono tanti, nessuno ovviamente può colmare il vuoto. Ronaldo è andato via, ha ringraziato in italiano con qualche errore e probabilmente con non troppa convinzione. 101 gol non si dimenticano, ma la sensazione è che tutto quanto di buono visto in tre anni sarebbe potuto essere ancora più bello. Ma qualcosa non ha funzionato.