“Dopo un anno e mezzo di mancati introiti da botteghino ora la nuova regola impone il distanziamento interpersonale di un metro. In pratica in quasi tutti gli stadi d’Italia saremmo costretti, se la normativa venisse confermata, a occupare un seggiolino ogni quattro, aprendo di fatto gli impianti per il 25 per cento della capienza“. Queste le parole di Enrico Preziosi in un’intervista al Corriere della Sera. Il presidente del Genoa evidenzia i problemi economici del calcio dopo un anno e mezzo di pandemia, chiedendo a gran voce la possibilità di aprire gli stadi al 100% con il green pass: “Senza pubblico negli stadi e forme di aiuto dal Governo, il Chievo potrebbe non essere un caso isolato. I bilanci di molte società sono a rischio“.
“Diciamo che almeno con quella formula, base dei colloqui fra Lega e Figc con il Governo, il 50 per cento della capienza sarebbe garantito. Però vado oltre e mi chiedo: perché nei bar e ristoranti al chiuso si può entrare con il green pass senza limitazioni e in uno stadio, all’aperto, no? Muoviamo la passione di 38 milioni di persone: il calcio può essere un veicolo per convincere i no vax – prosegue Preziosi -. Qualche volta mi viene un brutto sospetto“.
“Ho la sensazione che qualcuno percepisca i presidenti delle società di calcio come ricchi scemi – aggiunge poi il numero rossoblu -. Il luogo comune è ‘si lamentano ma poi siglano contratti milionari’. Ma a chi nutre questa convinzione vorrei spiegare che per ogni accordo siglato, la metà degli ingaggi pattuiti ai giocatori viene riversata nelle casse dello Stato in forma di contributi. Le società di calcio sono aziende e come tali dovrebbero essere trattate. Perciò mi domando come sia possibile che il Governo, che con le regole sul pubblico negli stadi limita le mie entrate, poi pretenda dal calcio gli stessi prelievi fiscali precedenti alla pandemia”.