Tennis

Tennis e squalifiche: pallate, insulti e razzismo

Serena Williams - Australian Open 2016 - Foto Bruno Silverii

La pallata di Shapovalov al giudice di sedia in Coppa Davis è solamente l’ultimo di una serie di episodi che ha portato alla squalifica in un match di tennis. Un gesto assolutamente da condannare quello del giovane canadese che, seppur involontario (ha immediatamente capito la gravità e chiesto subito scusa), non poteva che portare al ‘default’.

Decisamente meno scontata (eufemismo) la clamorosa squalifica agli Australian Open juniores per la nostra Maria Vittoria Viviani, ‘colpevole’ di aver colpito involontariamente e a velocità tutt’altro che elevata un raccattapalle.

Ma la storia del tennis ha regalato episodi ben più celebri: è questo il caso di David Nalbandian e del suo gesto di follia durante la finale al Queen’s nel 2012 contro Marin Cilic. L’argentino sferra un calcio ai box pubblicitari ai piedi di un giudice di linea ferendolo alla gamba.

Ben più clamorosa la squalifica di Serena Williams nella semifinale degli Us Open del 2009. L’americana insulta pesantemente un giudice di linea dopo un fallo di piede e compromette così il suo match con Kim Clijsters.

Rimanendo in campo femminile, costa carissimo anche a Olga Puchkova la pallata (involontaria ma potentissima) al giudice di linea in un attimo di nervosismo. Siamo a Washington, nel 2013.

Torniamo tra gli uomini, con la bizzarra squalifica di Daniil Medvedev nel Challenger di Savannah del 2016. Il russo, dopo una chiamata dubbia, dice “so che sei suo amico” al giudice di sedia, interpretata da quest’ultima in maniera razzista con riferimento indiretto al suo colore della pelle e del suo avversario Donald Young.

Ancor più assurdo l’epilogo del match di Alex Bogomolov jr che decide di chiudere anzitempo il suo incontro con Klahn a causa di una chiamata, secondo il suo punto di vista, errata. Il tennista russo va così a stringere la mano al giudice di sedia e abbandona il campo.

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