“Ripartire” è un verbo che spesso viene utilizzato in ambito sportivo per sottolineare il ritorno di un atleta o di una squadra in seguito ad un periodo difficile. Nel caso del tennista australiano Jason Kubler, questo verbo assume tuttavia una connotazione diversa: è uno stile di vita.
Jason nasce a Brisbane nel maggio del 1993 e la sua è un’infanzia tutt’altro che semplice. Suo padre, che lo ha avvicinato al tennis, muore di cancro quando lui ha solo otto anni ma sin daa piccolo mostra un grande spirito combattivo. Questo, unito ad una certa predisposizione verso il tennis, lo porta ad essere numero 1 del mondo a livello Junior nel 2010. Nello stesso anno inoltre fa il suo esordio a livello ATP (nel suo slam di casa, gli Australian Open) ed ottiene il suo primo punto. La sua infanzia complicata sembra alle spalle e con il ricordo del padre sempre vivo per lui sembra avviarsi una carriera fatta di grandi successi.
Sin da quando ha 14 anni, Jason soffre tuttavia di alcuni fastidi alle ginocchia, che con il tempo diventeranno seri problemi e lo costringeranno a ben sei operazioni (cinque al ginocchio sinistro, una al destro). Un vero calvario: per alcuni medici la sua carriera è sostanzialmente finita, per altri potrà giocare solo su terra in quanto non potrà sollecitare troppo le articolazioni. Lui, però non molla. Dal 2012 al 2015 segue quanto gli hanno detto, ossia gioca solo su terra, e riesce, nonostante tutto, ad entrare nei primi 150 del mondo. Poi lo stop di un intero anno (dal 2016 al 2017) per una delle tante operazioni, sembra davvero segnare la parola fine alla sua carriera.
Ma Jason riparte ancora e lo fa nel marzo del 2017 da non classificato. Con il suo connazionale Alex Bolt, in uno dei due Future disputati in Italia quell’anno (il 15K di Frascati), vince in doppio e proprio contro lo stesso Alex, a fine ottobre dello stesso anno, torna ad ottenere un successo a livello Challenger. Lo conquista in patria, a Traralgon. È il primo trionfo in un torneo di quella portata dal 2014 e segna l’ennesimo nuovo inizio del tennista australiano.
Il 2018 è difatti un anno meraviglioso. Nel primo torneo della stagione, sempre in patria (Challenger Playford) riesce infatti, da qualificato, a vincere il torneo senza perdere nemmeno un set. È il primo a riuscirci a nove anni di distanza dall’ultima volta. La sua annata prosegue, poi, in modo estremamente positivo: ottiene, infatti, altre due finali a livello Challenger (entrambe in Canada: la prima vinta nettamente con Lucas Miedler, la seconda persa al fotofinish con Daniel Evans), a cui bisogna aggiungere diversi quarti di finale e semifinali in tornei del medesimo livello. Da LL, riesce poi ad entrare nell’ATP 500 di Washington, in cui si ferma al secondo turno. Questa serie di grandi risultati gli permette di scalare ben 841 posizioni e di entrare finalmente per la prima volta in top 100. La wild card agli Us Open è il premio non alla sua stagione ma alla sua incredibile forza di volontà e la netta vittoria sulla diciannovesima testa di serie dello Slam statunitense, lo spagnolo Bautista Agut, non fa che confermare tutto ciò. Dopo tanta sofferenza ed infiniti problemi, all’età di 25 anni pare essere giunto finalmente il momento della consacrazione. Il destino, però, decide ancora di mettergli i bastoni tra le ruote. Nel secondo impegno dello Slam statunitense, sotto due set a uno con Taylor Fritz, Jason si infortuna ancora. Questa volta non sono le ginocchia a tormentarlo ma una brutta distorsione alla caviglia.
Una lunga nuova pausa all’orizzonte? No, Kubler questa volta rientra dopo appena tre settimane nel Challenge di Kaoshiung, in cui perde al primo turno dal canadese Brayden Schnur. Il suo 2018 si conclude in modo non positivo ed anche nella prima parte del 2019 non conferma quanto fatto la stagione precedente. Nel finale di 2019 torna a brillare, ottenendo il successo nel Challenger di Gatineau. Nel 2020 fa in tempo ad ottenere una semifinale in patria, in quel di Burnie, prima di un ulteriore stop. Uno stop, quello legato al Covid-19, che però è servito a Jason per recuperare dagli eterni acciacchi fisici e per ripresentarsi al meglio in questo 2021. Sergiy Stakhovsky gli ha sbarrato la strada nelle ‘quali’ degli Australian Open, ma l’ATP 250 di Melbourne e la vittoria con il nostro Lorenzo Sonego all’esordio ha fatto capire, ancora una volta, che lui è pronto a riprovarci. È pronto a ripartire, come fa da quando è bambino.