“Il momento chiave per il successo di Mir è stato il primo podio, in Austria. Lì Joan si è liberato. Nella gara successiva stava per vincere quando hanno esposto la bandiera rossa. Dopo quel primo podio è riuscito a mantenere quel livello di prestazioni e questo è difficile. Questa regolarità è che gli altri non hanno avuto”. Il team manager della Suzuki non riesce ancora a credere a quanto fatto da Joan Mir, che ha conquistato un titolo mondiale in MotoGP che per la casa giapponese mancava dal 2020: “Non so quale sarà la reazione di Suzuki a questo titolo, ma lo interpreto come uno shock, in modo positivo. Parlo dell’azienda, del management, dei distributori e così via. Spero che questo titolo incoraggi ancora di più a sostenere il progetto MotoGP. Dovete tenere presente che siamo l’unico costruttore che funziona senza uno sponsor. Con questo titolo, restituiamo a Suzuki parte dello sforzo che hanno fatto”.
E sulla domanda su quale sia il punto di forza della Suzuki: “Il punto di forza di Suzuki voglio pensare che sia il gruppo, che siamo coesi e che abbiamo voglia di lavorare e di crescere insieme. La squadra è composta da persone che provengono da esperienze molto diverse, ma che non hanno mai avuto la possibilità di lottare per vincere un Mondiale. Ecco perché quello che stiamo vivendo è bestiale”.
Un titolo comunque sorprendente quello conquistato dal pilota spagnolo: “Non pensavamo che quest’anno Mir sarebbe stato campione. Joan è arrivato alla Suzuki nel 2019, e nell’aprile dello stesso anno abbiamo avuto un incontro in Giappone per iniziare a pianificare quali piloti avremmo avuto nel 2021 e nel 2022. Ma anche allora abbiamo concluso che avevamo una coppia di piloti molto forte e che volevamo continuare con loro. Non ci sono mai stati dubbi su questo. Ovviamente abbiamo parlato con i manager di altri piloti, ma più perché ce l’hanno chiesto loro che perché l’abbiamo fatto noi”.