Il 26 dicembre del calcio inglese è sempre stato considerato una specie di magia. Il boxing day, il giorno in cui lo spettacolo degli stadi non si ferma neanche di fronte ai banchetti natalizi, viene vissuto dagli appassionati come un appuntamento imperdibile, che santifica lo sport, con lo spettacolo che deve andare avanti nonostante tutto.
Eppure, il boxing day 2016 non sarà lo stesso al di là della Manica. L’ennesimo scandalo che ha investito il calcio di Sua Maestà turba tifosi e non. E diffonde, oltre alla coltre spessa di nebbia tipica delle giornate invernali di Londra, un forte sentimento di vergogna. La bomba abusi sessuali sui minori all’interno delle formazioni giovanili di ogni campionato, che ha coinvolto 83 sospetti di 98 club diversi, è esplosa all’improvviso a metà novembre.
Andy Woodward, ormai 43enne ex difensore della serie B inglese, ha deciso di raccontare al mondo intero l’incubo della sua gioventù. E’ stato il primo calciatore professionista a rendere pubblici gli abusi subiti ai tempi della sua esperienza al Crewe Alexandra, successivi all’incontro con Barry Bennell (risalente agli anni Ottanta), uno dei talent scout più conosciuti dell’Inghilterra del nord, all’ombra del Vallo di Adriano.
La sua è una storia di violenze in macchina prima di andare agli allenamenti, negli hotel durante le trasferte, negli spogliatoi, persino a casa Woodward, dopo che Bennell aveva cenato con la sua famiglia. Ed è, allo stesso tempo, una storia di silenzi e di ricatti, di “guai a te se parli”, di minacce di stroncare la sua carriera da calciatore. Il sogno era lì, a meno di un paio di yard, fragile come una sfera di cristallo, e una denuncia avrebbe rappresentato la sua frantumazione in mille pezzi.
Bennell fu arrestato una prima volta nel 1995. Altri bambini come Woodward, ma meno fortunati di lui perché non riuscirono a sfondare nel mondo del calcio, avevano raccontato le loro esperienze. Lui, che aveva allenato le giovanili del Manchester City e dello Stoke City, scontò nove anni di carcere, colpevole di 23 capi d’imputazione e di aver violentato centinaia di volte almeno sei ragazzi tra i 9 e i 15 anni. Poi, cercò di sparire nel nulla, cambiando casa, nome e cognome.
Dopo l’intervista-denuncia di Woodward al Guardian, però, lo spettro di Bennell è stato rievocato. E con lui anche quello di un fenomeno che sembra aver attraversato, più o meno silenziosamente, tutto il calcio inglese. Tante vittime di abusi hanno trovato il coraggio di parlare, una linea telefonica di denuncia attivata dalle autorità britanniche (è la National Police Chiefs’ Council che si sta occupando dell’inchiesta) ha fatto registrare oltre 1700 telefonate, l’intero sistema del calcio inglese si è scoperto vulnerabile.
“C’è tanta voglia di buttarsi questa storia alle spalle – ci dice Stefano Boldrini, corrispondente da Londra della Gazzetta dello Sport –. Secondo quanto ho potuto cogliere, l’opinione pubblica percepisce questi fatti come qualcosa che appartiene a un’altra epoca. L’Inghilterra di oggi non è più quella di 20-30 anni fa: le famiglie stanno molto più attente ai loro figli e c’è più controllo”.
Nonostante questo, hanno bisogno di essere rassicurate. Nei giorni immediatamente successivi allo scandalo, il presidente della Premier League, Richard Scudamore ha inviato una lettera per tranquillizzare le circa 3000 coppie di genitori dei ragazzi minorenni che giocano nelle giovanili dei club di uno dei campionati più importanti al mondo: “E’ stato un atto dovuto – continua Boldrini –. Anche le autorità che 20-30 anni fa non erano operative si sentono ovviamente a disagio di fronte a questa inchiesta e si sentono in dovere di rasserenare le famiglie: il calcio è molto più sicuro di quello degli anni Ottanta”.
L’inchiesta nel frattempo va avanti, con la collaborazione di tutti i big del pallone inglese. In molti hanno voluto esprimere la loro vicinanza alle vittime degli abusi, in molti desiderano conoscere tutta la verità. Wayne Rooney, ad esempio, è stato tra i primi – con un tweet datato 25 novembre – a invitare i propri colleghi a denunciare eventuali abusi e a utilizzare la linea telefonica della National Police Chiefs’ Council.
My colleagues have been very brave. If you’ve experienced sexual abuse in football, please call @NSPCC’s new helpline on 0800 023 2642
— Wayne Rooney (@WayneRooney) 25 novembre 2016
“Premesso che per come si stanno delineando le cose, lo scandalo violenze sui minori – conclude Boldrini – è qualcosa che fa parte di tutti gli sport in Gran Bretagna, dovremo attenderci senz’altro ulteriori sviluppi in questa inchiesta. Episodi come questo fanno aumentare il coraggio di denunciare e aprono gli occhi all’intera società”.
E anche in Italia, la guardia deve restare altissima. Soltanto dieci giorni fa, infatti, il presidente di una storica formazione giovanile di Cremona, il Torrazzo, è stato arrestato per presunte violenze sessuali sui minori e per sfruttamento della prostituzione minorile. Soldi e motorini in cambio di carezze negli spogliatoi della squadra che disputa le sue partite nel Cambonino, quartiere periferico della città lombarda.
Sudditanza psicologica e incapacità di ribellarsi. I minori che frequentano il mondo dello sport, con i loro sogni e le loro ingenuità, sono tra le vittime più vulnerabili di abusi. Il coraggio di denunciare e di superare la vergogna è una componente fondamentale per stanare fenomeni diffusi e allo stesso tempo nascosti. Perché, a volte, l’avversario più temibile siede sulla stessa panchina e indossa gli stessi colori delle sue vittime.