“Poteva accadere a chiunque” sottolinea Perin, “di sicuro, se ci fossimo chiamati Real Madrid, Inter o Juventus, saremmo stati rispettati di più. Sia chiaro che la malattia non è mai una colpa, ma un’eventualità che accade agli esseri umani“. “Basta con i cliché del calciatore ricco, viziato, privilegiato e menefreghista. Ho letto giudizi molto superficiali” ha aggiunto il portiere. Sul fatto che Cristiano Ronaldo si sia scattato foto con i compagni in cui non rispettava le norme anti-Covid, Perin sottolinea: “Si è ammalato lui, si è ammalato Trump, vuol dire che il Covid 19 è micidiale e va preso più che sul serio“.
Sull’idea di giocare in una “bolla”, similmente a quanto fatto dal basket NBA, Perin spiega: “Con i miei compagni se ne parla, nessuno di noi è così esperto da sapere cosa sia meglio, però qualche sacrificio in più credo sia indispensabile. Giocare ogni tre giorni ci ha consumati dentro. Il calcio non è solo uno svago, un passatempo: come dice Sacchi, è la cosa più importante tra le meno importanti. I miei nonni e i miei genitori avevano un bar in un quartiere popolare di Latina, io sono cresciuto ascoltando discussioni sul calcio e ho capito cosa rappresenta per tanta gente“. “Siamo giovani, siamo atleti allenati e ne usciamo bene, però questa è una brutta bestia, subdola. Se dicessi che non mi ha destabilizzato un po’, mentirei” sottolinea in conclusione Perin, “noi atleti siamo un po’ tutti ipocondriaci, il corpo è il nostro strumento di lavoro e lo vogliamo tarato sempre alla perfezione. Ma se un infortunio lo metti in conto, per le malattie è diverso. E questa è differente da tutte. Infida, come ogni nemico sconosciuto“.