Europa League

L’Inter è pronta per vincere l’Europa League? Le certezze di Antonio Conte

Antonio Conte - Foto Antonio Fraioli

L’Inter è abbastanza matura per il traguardo Europa League? La squadra nerazzurra ha palesato un rendimento altalenante nel corso della stagione 2019/2020, esaltante nelle parti iniziali, incerto nella fase di mezzo e convincente nel finale. Il bilancio è certamente positivo, seppur l’Inter di Antonio Conte abbia mostrato più sfaccettature, più versioni di se stessa, più dimostrazioni, negative o positive che possano esser sembrate ai più. Il secondo posto in campionato, la semifinale di Coppa Italia e la finale di Europa League hanno denotato come il club milanese sia tornato grande, fra le mani di Steven Zhang, sebbene alcuni cali di rendimento nel corso dell’intera annata, considerando comunque che possano esser fisiologici, abbiano fatto storcere il naso agli addetti ai lavori riguardo il reale valore della rosa.

Gli effettivi protagonisti della nuova Inter di Conte hanno gradualmente assimilato le indicazioni del proprio tecnico, primordialmente affidatosi al duo letale Lukaku-Martinez, all’esperienza di Handanovic e alla solidità della retroguardia formata da Skriniar, De Vrij e Bastoni, non dimenticando il fulcro del centrocampo nerazzurro d’inizio stagione: Sensi, spesso decisivo. Infortuni e decisioni tecniche hanno comportato un deciso cambiamento delle gerarchie, con più spazio per Biraghi e Gagliardini, più fiducia al jolly Sanchez (game-changer) e chiavi della retroguardia a Godìn, centrale con esperienza internazionale, tirata fuori nei momenti più importanti. Il mercato di gennaio ha nuovamente mescolato le carte in tavola e gli arrivi di Young, Moses ed Eriksen hanno assicurato diverse soluzioni a Conte, più volte dettosi bisognoso di rinforzi, anche pubblicamente.

L’euforia dei tifosi per l’arrivo di un top player come Eriksen è stata parzialmente placata dalle decisioni di un coraggioso Conte, convinto della potenziale efficacia a lungo termine delle proprie idee, le quali hanno fatto sì che il fantasista danese dovesse essere relegato in panchina in più occasioni. La scelta della guida tecnica pugliese è stata dettata, e lo è tutt’ora, dalle caratteristiche prettamente tattiche dell’ex Tottenham, pregevole dal punto di vista tecnico, ma di difficile collocazione in un 3-5-2. Giornalisti e sostenitori del buon calcio hanno prontamente criticato il trattamento di Conte verso Erkisen, con l”aggravante’ di preferirgli un Gagliardini interditore, illusoriamente preferendo la quantità alla qualità. Molti hanno considerato che la scelta potesse essere scellerata e la giustificazione ‘tattica’ debole, focalizzandosi sul ruolo del già citato Sensi nella prima parte della stagione, quest’ultimo pungente ed illuminante in fase offensiva. Inoltre, l’allenatore della Beneamata si è reso protagonista di uscite forse eccessivamente impulsive, come notoriamente già accaduto in esperienze passate, causando ‘turbolenze’ fra dirigenti e tifosi, perlomeno sino alla svolta della seconda parte della stagione, arrivata dopo il successo contro il Napoli.

L’operato di Conte è indiscutibilmente visibile, come dimostrato dal dato che ha premiato l’Inter come ‘miglior difesa’ della Serie A, o soffermandosi sul percorso in Coppa Italia o ancora sull’approdo in finale di Europa League. Quali sono, però, le armi in più dell’Inter? Perchè l’Inter è caduta in dolorosi flop (Lecce, Sassuolo, Bologna, doppio confronto diretto con la Juventus, eliminazione dalla Champions League)? Le due domande possono esser risolte attraverso la medesima risposta, ma con spiegazioni necessariamente differenti. Quel ‘plus’ che ha reso l’Inter concretamente un top club è stato il rendimento dei singoli, ‘tutelati’ dal gruppo e in grado di esprimersi al meglio in un contesto sereno, con interpreti validi e con malumori quasi assenti. Quel ‘malus’ che ha causato vari piccoli crolli dell’Inter 2019/2020 è attribuibile alla presa di coscienza (rivelatasi errata) del fatto che i singoli fossero indispensabili per i successi della squadra: qualora Brozovic (play di valore), Lukaku e Lautaro (trascinatori), Handanovic (saracinesca) non fossero in partita, l’Inter smetteva di credere nelle proprie esponenziali possibilità. L’imperfetto non è però stato utilizzato casualmente, in quanto Conte ha trasmesso ai propri atleti la voglia di vincere caratteristica delle sue gestioni, così da offrire un volto diverso al club di Viale della Liberazione, vincente e contraddistinto da un gruppo coeso e straordinariamente performante. Le prestazioni in crescendo di Barella e l’utilità tattica di Gagliardini hanno garantito equilibrio in mediana e nuovi possibili scenari offensivi, così come l’imprevedibilità del quasi sempre subentrato Eriksen e la lucidità del rapido Moses, alternativa talvolta a Candreva e talvolta ad un D’Ambrosio migliorato, consapevole dei propri limiti e dei propri punti forti.

L’Inter è dunque pronta per vincere un titolo europeo? ‘Sì’, i ragazzi di Conte sono diventati uomini sotto la sua gestione e i soggetti già maturi (Handanovic, Godìn, Sanchez, Borja Valero, Candreva…) hanno mostrato di poter offrire concrete garanzie. Le vittorie contro Getafe, Bayer Leverkusen e Shakthar Donetsk hanno proiettato sugli schermi degli appassionati una ‘terza Inter’, diversa da quella di inizio stagione, migliorata dalle delusioni, plasmata da un allenatore che sa cosa vuole e come prenderselo. L’Inter è e motivata, vuole superare il Siviglia e far sua una Coppa europea che manca da 10 anni, dal 2010 firmato Josè Mourinho che tanto ha fatto gioire i tifosi nerazzurri. Cosa servirà per arrivare alla gloria rappresentata dal successo in Europa League? Pensare, correre, giocare, faticare da squadra, insieme.

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