Se l’appello di società e sindaco (“Non uscite a festeggiare”) all’indirizzo dei tifosi del Real Madrid resterà inascoltato, lo scopriremo nella nottata tra giovedì 16 luglio e venerdì 17 luglio. Quel che è certo è che l’avviso preventivo in tempo di covid-19 è l’ennesimo indizio legato alla consapevolezza della capacità di una squadra di non sbagliare un match point. Non lo ha sbagliato stasera contro il Villareal con una vittoria per 2-1 che vale il successo aritmetico in Liga, il trentaquattresimo nella sua storia, il secondo dell’era Zidane. Il Real Madrid si attesta a 86 punti in classifica, +7 rispetto ad un Barcellona travolto dai litigi intestini. Lo fa con la sua anima: la vecchia guardia guidata da Sergio Ramos (altra stagione super da dodici gol complessivi) ma anche il blocco francese che include il tecnico fino a Benzema passando per Varane e Mendy (e chissà Pogba cosa vorrà fare in estate inoltrata). Senza dimenticare gli ostacoli che il Real Madrid ha dovuto attraversare: dall’infortunio di Asensio (e che gioia il gol all’esordio stagionale al rientro) e Hazard ai malumori di Gareth Bale (non uno qualunque) sempre più lontano nel progetto blancos. Dopo la scorsa stagione caratterizzata dal trittico di ex in panchina formato da Lopetegui, Solari e Zidane, alla fine il Real Madrid ha optato per la scelta più ovvia ma anche più difficile, vale a dire quella di lasciarsi alle spalle il periodo transitorio che doveva condurre Zidane sulla panchina di un’altra big europea lontana da quella che è sempre più casa sua. Se tra il Real Madrid e Zidane si svilupperà una carriera in simbiosi capace di durare per anni, sarà la storia a rivelarlo.
Quel che è certo è che di mosse Zinedine Zidane e il Real Madrid in questa stagione ne hanno sbagliate veramente poche. Sicuramente non quelle legate al mercato in difesa che ha fornito al Real Madrid i due rinforzi di lusso nel reparto arretrato per riscattare la terribile stagione della scorsa stagione (46 gol subiti, peggior difesa delle prime cinque). Dalla campagna acquisti sono arrivati Eder Militao e Ferland Mendy, alternative di lusso in una difesa che ha subito meno della metà delle reti dello scorso anno. Qualche incognita in più in attacco dove alla fine la costante recita sempre e un solo nome: Karim Benzema che alla soglia dei 33 anni continua ad essere il recordman di presenze (45) e il miglior marcatore (26), come nella scorsa stagione. E’ l’ex Lione il prescelto per riempire il buco di fantasia, classe e imprevedibilità lasciato da Cristiano Ronaldo due anni fa. Non Eden Hazard, tormentato dagli infortuni e costretto a ritrovarsi a luglio con un gol in quindici presenze. E nemmeno Luka Jovic, vero oggetto misterioso della stagione con tre gol stagionali, ventiquattro in meno rispetto a quelli segnati con la maglia dell’Eintracht nel 2018/19. Alla fine, dei vuolti nuovi in attacco, chi ha brillato di più è stato quello che di pressioni ne aveva meno: Rodrygo, 45 milioni dal Santos e autentico talento brasiliano pronto a prendersi il ruolo da star che gli spetta. Per lui quattro gol su quattro presenze in Champions League. Già, la Champions League. L’appuntamento è al 7 agosto per il secondo atto del doppio confronto contro il Manchester City di Pep Guardiola. Perché anche se quest’anno un Barcellona scosso dal caos interno e fragile difensivamente non è riuscito a rappresentare un avversario all’altezza, il passato blaugrana è sempre pronto a mettere i bastoni tra le ruote ai blancos. E alla fine sarà ancora una volta una questione di Clasico.