Rafael Nadal compie oggi 34 anni, un terzo dei quali passati a sollevare trofei sotto il cielo di Parigi. Un segno o una curiosa coincidenza ma la data del 3 giugno ha spesso e volentieri preceduto una delle dodici meraviglie dello spagnolo al Roland Garros. Non aveva fatto in tempo ad assaggiare la torta nel 2009, quando fu spodestato a sorpresa da Robin Soderling già al 31 maggio, per quella che resterà l’unica macchia per anni in un dominio ripreso immediatamente dalla stagione successiva con tanto di vendetta in finale sul suo giustiziere. Rafa aveva rischiato grosso nel 2011, ancora -frastornato dalle quattro batoste per mano di Djokovic, ma aveva rimontato Isner al quinto e battuto Federer in finale, che nel frattempo gli aveva tolto l’impiccio serbo in una semifinale da antologia. La resa dei conti con Nole, tuttavia, era solo rimandata di un anno con l’atto conclusivo frenato dalla pioggia e chiuso di lunedì dallo spagnolo ma il duello, e che duello, avrebbe regalato spettacolo anche nel 2013.
Nadal, tornato solamente a febbraio del 2013 dopo un lungo stop, aveva ripreso a macinare titoli su titoli ma dovette accontentarsi della testa di serie numero 4, una posizione in tabellone che lo mandò in rotta di collisione con il suo rivale più ostico già in semifinale. Rafa ha, come forse mai negli ultimi anni, i favori del pronostico dalla sua parte. In un infuocato pomeriggio, Djokovic non sembra poter riuscire a ribellarsi al re nel suo regno, scivolando sotto di un set e di un break. Urla, occhiatacce, linguaggio del corpo tutt’altro che incoraggiante ma dar per sconfitto Nole così presto non è mai la scelta più saggia. Dopo il cambio campo sul 3-2, infatti, il serbo accende l’interruttore del pilota automatico, strappa per la prima volta la battuta al suo avversario e prosegue la striscia di quattro game consecutivi per pareggiare il conto dei parziali. Così, dal nulla, all’improvviso. Nello stesso modo in cui tornò nell’anonimato nel terzo set, con appena 12 punti portati a casa e un 6-1 pesante quanto un gancio al mento nella decima ripresa. Il trend si ripete nel quarto, Nadal torna al comando delle operazioni ma nuovamente si complica la vita: per due volte avanti di un break, la seconda addirittura al servizio per il match sul 6-5. Il colpo del ko però non arriva, Djokovic risorge e rianima l’incontro allungandolo al quinto grazie al tie-break incamerato per 7-3.
Il numero 1 al mondo mette per la prima volta nella semifinale la testa avanti, strappa la battuta al sette volte campione di Parigi e può fare gara di testa. I fantasmi del 2011 riaffiorano nella mente di Rafa che non può far altro che restare in scia, non mollare e stare alla finestra per sfruttare il momento giusto. Che, puntuale, arriva nell’ottavo gioco. Sulla parità del 4-3 Nole si scompone nei pressi del net e sviene sulla rete prima della fine di un punto che gli avrebbe consegnato il vantaggio interno. Nadal è lì, inarca il sopracciglio e indica al giudice di sedia – nel caso gli fosse sfuggito – l’accaduto come farebbe un bambino per accusare un ladro di caramelle. Era il segnale che attendeva per crederci ancora: il break arriva nella successiva chance e dà il via a un altro copione, l’ennesimo di una partita impronosticabile. Rafa mette la freccia sul 5-4, Djokovic si ritrova nella scomoda situazione di servire per restare in vita. Ci riesce per due volte ma nel sedicesimo game si sgretola con un break farcito di unforced. Dopo 4 ore e mezza di furibonda battaglia il maiorchino è ancora in piedi e dopo due giorni avrebbe completato l’opera con una comoda affermazione sul connazionale Ferrer. Per un altro Roland Garros come regalo di compleanno.