Serie A

L’ex fischietto Gavilucci: “Nel calcio l’uomo nero è l’arbitro”

Il pallone della Serie A Tim 2017-2018 - Foto Antonio Fraioli

L’ex arbitro di Serie A Claudio Gavilucci ha parlato delle dinamiche interne all’ambiente dei fischietti in Italia, dopo essere stato dismesso a sorpresa dall’Associazione Italiana Arbitri. In particolare, Gavilucci ha parlato del complesso sistema che regola l’AIA che condiziona l’operato degli arbitri, tema trattato in modo dettagliato nel suo libro “L’uomo nero”. “Nell’immaginario collettivo è sempre stato un personaggio malvagio, che incuteva timore. Nel calcio l’uomo nero per decenni è stato identificato nell’arbitro. Per la divisa nera e perché era il nemico, il cattivo, colui che decretava il calcio di rigore e imponeva la sconfitta alla squadra del cuore. Ho scelto questo titolo perché il mio libro vuole aprire la conoscenza sulla figura dell’arbitro” ha raccontato Gavilucci a Fanpage.it.

La ragione per cui ho iniziato questa battaglia per la trasparenza: capire perché a 38 anni, dopo aver diretto oltre 600 gare in carriera, di cui 50 in Serie A, dopo essere stato in quella stagione il quarto arbitro più utilizzato e avendo diretto persino una delle quattro partite “vere” dell’ultima giornata di quel campionato, con la salvezza in palio, sono stato dismesso” ha proseguito Gavilucci,  “motivate valutazioni tecniche, ufficialmente. In soldoni: non ero più idoneo a dirigere partite di Serie A“.

L’ex arbitro ha anche spiegato come viene utilizzato il sistema VAR dai fischietti: “L’arbitro è utilizzatore del VAR, ma allo stesso tempo lo subisce. Non ne ha mai parlato nessuno di questo, ne sono venuto a conoscenza leggendo i referti: nel momento in cui l’arbitro corregge al VAR un proprio errore, ripristina la verità del campo ma sancisce, sul piano personale, un voto negativo che andrà a penalizzare la valutazione della sua prestazione. Come se ad un poliziotto venisse dato un laser per rilevare la velocità di una macchina e gli si dicesse: se fai le multe utilizzando il laser, e non ad occhio, ti sarà decurtato lo stipendio“.

Sull’aver sfiorato Calciopoli, Gavilucci ha raccontato: “Se mi stai chiedendo se esiste la sudditanza psicologica, io ho coniato un nuovo termine, un’evoluzione: la sudditanza mediatica. Metto la mano sul fuoco su tutti i miei colleghi, persone integerrime e professionisti veri, che fanno della loro professione una ragione di vita. Ma non vengono garantiti da un sistema che gli permetta di poter essere sereni e liberi come dovrebbe essere un giudice“. Una domanda che nasce spontanea è perché gli arbitri non parlino e Gavilucci spiega: “Noi arbitri veniamo formati per prendere decisioni, tirare fuori cartellini, fischiare calci di rigore. Per essere in grado di far rispettare le regole all’interno di stadi pieni, dove le pressioni aumentano. Ma non siamo allenati per parlare davanti a un microfono e manca la volontà di preparare gli arbitri, o chi per loro, a farlo“.

Rimpianti nessuno. È una caratteristica della mia persona” ha aggiunto Gavilucci, “rifarei tutto, compreso quel fischio al 30′ del secondo tempo di Sampdoria-Napoli, al centro del campo di Marassi. Se potessi cambiare qualcosa, cambierei il sistema di valutazione degli arbitri. Sceglierei di far valere le classifiche dei giornali, quelle che non mi hanno mai visto ultimo in graduatoria, così potrei continuare a fare quello che mi è sempre piaciuto fare, per cui ho speso la mia vita“.

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