Quando gli hooligans del Liverpool decisero di inseguire sugli spalti dell’Heysel migliaia di tifosi della Juventus di ogni età, lo fecero per un sentimento anti italiano che fuggiva persino anche dalle folli logiche di rivalità ultras. Basti pensare che l’anno prima, nel 1984 a Roma, i tifosi reds decisero di cantare “Juve, Juve” per le strade nel tentativo di “far incazzare i tifosi di casa” (Casuals, Thornton) dimostrando tutt’altro che antipatia nei confronti dei supporters bianconeri. Quel che successe in seguito nella Capitale italiana rimase scritto nelle pagine della cronaca nera. E da quella finale di Coppa dei Campioni di Roma nacque il folle sentimento di vendetta tutto anti italiano dei tifosi del Liverpool che portò alla morte di trentanove tifosi della Juventus. Trentanove tifosi di ogni età. Dalla signora Barbara di 58 anni al piccolo Andrea, alunno di quinta elementare che tra le rovine dell’Heysel morì insieme a suo papà. E’ l’epilogo del maggio di sangue del 1985. Il secondo capitolo di una tragedia che si era ripetuta in modo e circostanze diverse qualche settimana prima al Valley Parade di Bradford nel West Yorkshire, in Inghilterra dove un incendio tolse la vita a 56 persone. In totale furono 92 i tifosi a perdere la vita nel giro di poche settimane a causa di un incidente in uno stadio di calcio. Troppe. Ma non sufficienti per evitare che una strage di massa si ripetesse anni dopo ad Hillsborough con 96 tifosi del Liverpool rimasti uccisi. A 35 anni dalla tragedia dell’Heysel, la strage della finale di Coppa dei Campioni continua ad essere oggetto di beceri sfottò in diversi stadi d’Italia. Trentacinque anni da una settimana soleggiata che aveva visto Bruxelles al centro dell’Europa calcistica. Eppure il pre partita di quel Juventus-Liverpool fu dei più tranquilli e niente sembrava presagire il peggio. Questo perché l’abitudine dei reds era quella di alloggiare nelle cittadine marittime e non a centro città: Ladispoli per Roma 1984, Ostenda per Bruxelles l’anno successivo. Nostalgia o meno dell’estuario del Mersey, il pandemonio si registrò soltanto nel giorno della partita quando la folla a dire il vero inferiore a quanto ci si aspettava di tifosi reds si riversò nella Capitale. E lì l’errore a monte di un’organizzazione che non ha saputo prevedere quanto oltre potesse andare il sentimento di vendetta di un tifoso di calcio: una parte di tifosi italiani fu sistemata nel settore Z, adiacente a quelli occupati dagli inglesi. Questa la miccia che diede il via ad ulteriori disastri organizzativi, vendette e paura. Tutto quello che il calcio non dovrebbe essere.