“Il secondo è il primo dei perdenti” diceva Enzo Ferrari. E lo si può comprendere osservando gli atleti che salgono sul podio, specie quello olimpico e soprattutto se si tratta di uno sport a scontri diretti. Il primo classificato è felice perché è stato più forte di tutti, il terzo è contento per aver vinto l’ultima gara ed essere riuscito a prendere la medaglia, mentre il secondo ha nella mente solo il ricordo di quell’ultima sconfitta, di quel titolo sfumato per un nulla. E questo sentimento si prova spesso anche a posteriori, rendendo un bellissimo argento “un oro mancato”. Questo successe anche alla Nazionale maschile di volley, che si presentò ai Giochi Olimpici di Atlanta 1996 da favorita d’obbligo, vista la serie infinita di successi ottenuta sotto la guida di Julio Velasco, a partire dall’Europeo 1989.
A dirla tutta, l’avvicinamento alla rassegna a cinque cerchi non fu dei migliori: per la prima volta dopo otto vittorie consecutive, gli azzurri persero il titolo della World League, sconfitti in finale dall’Olanda in un match infinito chiusosi al tie-break per 22-20. Inoltre, ci fu qualche frizione con la Federazione e alcuni atleti non si trovavano nelle migliori condizioni. Tuttavia, i dodici azzurri selezionati da Velasco (Tofoli, Bernardi, Zorzi, Cantagalli, Gardini, Giani, Bracci, Meoni, Bovolenta, Papi, Gravina, Sartoretti) partirono con i favori del pronostico.
L’avvio del torneo non avrebbe potuto essere migliore: l’Italia vince 3-0 tutti gli incontri del girone contro Corea del Sud, Tunisia, Olanda, Russia e Jugoslavia. Gli azzurri si qualificarono dunque ai quarti di finale, che furono un derby per coach Velasco. L’avversaria fu infatti l’Argentina di Daniel Castellani, che ai gironi fu capace di eliminare i padroni di casa degli USA. Gli azzurri faticarono a trovare il ritmo e persero il primo set, salvo poi rifarsi in grande stile nei tre parziali successivi (15-9, 15-7, 15-4) e ottenere così l’accesso alla semifinale. L’Italia incontrò dunque la Jugoslavia, che arrivava dalla sorprendente vittoria ai quarti contro i campioni uscenti del Brasile. Gli azzurri si imposero nel primo set, subirono la reazione della Jugoslavia nel secondo e nei due parziali successivi fecero valere la loro superiorità. Nell’altra semifinale fu l’Olanda ad avere la meglio sulla Russia in appena tre set.
Ecco dunque la finale: Olanda-Italia, proprio come qualche settimana prima nell’atto conclusivo di World League. Il 4 agosto 1996 le squadre scesero in campo per l’ennesimo confronto, davanti a 16.000 gli spettatori giunti all’Omni Coliseum per seguire dal vivo una partita che avrebbe sicuramente dato spettacolo. Il primo set andò all’Olanda per 15-12, Velasco rispose affidando la cabina di regia a Tofoli. L’Italia riuscì a vincere il secondo parziale per 9-15, ma la squadra faticava ad ingranare la marcia giusta, gli azzurri non trovavano la scioltezza dimostrata in altre occasioni. Infatti, l’Olanda si portò nuovamente in vantaggio vincendo il terzo set. Velasco provò allora diverse soluzioni, ritrovando la propria squadra, che vinse il quarto parziale conquistando così il tie-break.
L’ultimo set fu una battaglia punto a punto, una lotta in perfetto equilibrio fino al 13 pari. Lo spunto vincente lo ebbero gli olandesi, che si imposero con il punteggio di 17-15 vincendo il match che assegnava la medaglia d’oro. Gli olandesi festeggiarono, mentre gli italiani cercarono di capire cosa non aveva funzionato. “Se c’era qualcosa di più che potevamo fare, noi non lo sapevamo. Chi vince festeggia, chi perde spiega” disse Julio Velasco, prossimo alle dimissioni dopo aver portato la Generazione dei Fenomeni a dominare il mondo della pallavolo. L’Italia di Velasco dominò al punto da essere nominata dalla FIVB la più grande squadra della storia, ma l’oro a cinque cerchi, che rimane tutt’ora un tabù, sfuggì anche agli azzurri della Generazione dei Fenomeni.