35.872 persone col fiato in gola non le rivedremo per un bel pezzo. In generale, visto il periodo difficile per via del coronavirus, e nello specifico al Barbera perché il Palermo, sbattuto in Serie D dopo anni di folle gestione targata Zamparini, con lo stop ai campionati sembra a un passo dai professionisti, ma sempre lontano dal calcio che conta. Quel 9 maggio 2010, però, i rosanero sfioravano il cielo con un dito, ma come Icaro sul più bello furono costretti a guardare in faccia la realtà e a ritornare nel più brusco dei modi coi piedi per terra, per mano della Sampdoria. La Champions, tanto agognata, sarebbe rimasta soltanto un miraggio e non sembra proprio possa tornare a essere un obiettivo nell’immediato.
COME IN UN FILM – Sono passati dieci anni, sembra un’eternità. La classifica recitava Inter prima, Roma seconda e questa era la lotta scudetto, il Milan avrebbe poi concluso al terzo posto tra alti e bassi. La Juventus di Ferrara e Zaccheroni, non pervenuta e relegata al settimo posto, e così il quarto posto che qualificava per i preliminari di Champions League era un discorso riservato alle outsider. Il Napoli era in crescita ma doveva accontentarsi del sesto posto ormai acquisito e lungo il tragitto avevano mollato anche le altre pretendenti. Per la quarta e quinta piazza il duello era, inedito e inaspettato, tra la Sampdoria, che a 180′ dalla fine vantava 63 punti e il Palermo che inseguiva a 61. Lo scontro diretto alla penultima giornata, in casa di chi insegue: nemmeno in un film.
IL GENOA AIUTA LA SAMP – Nei giorni precedenti alla super sfida della verità Genova era in fermento, ma soprattutto Palermo che avrebbe ospitato l’evento. In Sicilia era un momento storico, quello in cui i rosanero avrebbero potuto avvicinarsi alla prima storica qualificazione alla Champions League, mentre i blucerchiati, che pure in bacheca vantano uno scudetto e una finale di Coppa Campioni, a inizio stagione non si aspettavano certo di poter lottare per questo obbiettivo. Insomma, l’atmosfera della vigilia era elettrizzante, ma il destino delle due squadre – alcuni potevano già rendersene conto, altri lo avrebbero capito in seguito – si era già deciso qualche settimana prima. I doriani avevano superato l’ostacolo più duro vincendo contro la Roma all’Olimpico: un successo che, in un sol colpo, diede di fatto la possibilità di arrivare al match del Barbera con due risultati su tre e tolse uno scudetto ai giallorossi. I rosanero, invece, avevano gettato via due punti pesantissimi proprio a Genova, sponda Grifone, quando nell’infrasettimanale di un mese prima un rigore arrivato al 96′ condannò i siciliani a un 2-2 con il quale, ma non lo sapevano, i rossoblu avrebbero dato un’enorme mano ai cugini.
CANNOLI DI TRAVERSO – Lo scontro diretto andò in scena alle 15 di domenica 9 maggio 2010 in una Favorita che era una bolgia. Avvio molto bloccato nonostante un’atmosfera degna della Bombonera di Buenos Aires, ma sono i padroni di casa a collezionare occasioni. L’episodio che spacca il match è a inizio secondo tempo: Sirigu stende Mannini, uno dei due esterni di quel granitico 4-4-2 di Delneri, rigore comandato da Rosetti e dal dischetto Pazzini implacabile. La coppia con Cassano in quella stagione era ai massimi storici, ma dall’altra parte i padroni di casa potevano rispondere con Miccoli e Cavani, e Pastore a ispirarli. Gli ultimi due, però, non erano in giornata nell’appuntamento più importante, toccò così al capitano suonare la carica. Il Romario del Salento a venti minuti dalla fine si guadagna un rigore, si rompe il crociato ma decide di calciarlo lo stesso. 1-1. Dolorante deve poi alzare bandiera bianca e al suo posto entra Igor Budan. Al Palermo serve un altro gol per l’operazione sorpasso, ma il tempo stringe sempre di più: all’84’ accadde l’incredibile. Dopo un’azione confusa, proprio Budan si ritrova sulla testa il più facile dei palloni da appoggiare in rete a porta sguarnita, ma lo manda a lato gettando nello sconforto uno stadio intero. Non c’è più tempo, finirà 1-1 e nell’ultima giornata a nulla valse per i rosanero la vittoria, arrivata proprio allo scadere, sul campo del Siena, visto che a Marassi i blucerchiati, loro sì, riuscirono a imporre il fattore campo contro un Napoli ormai in vacanza. Sampdoria 67 e in Champions, i ragazzi di Delio Rossi a 65 e in lacrime.
Il calcio è fatto di storie e di collegamenti fitti come la nebbia in Val Padana, non c’è stata eccezione neanche dopo questo lungo duello. L’anno dopo la Samp di Di Carlo fu eliminata ai preliminari contro il Werder Brema (subendo un gol sanguinoso allo scadere che trascinò il ritorno ai supplementari) e non giocò mai i preliminari di Champions, in campionato fu un disastro e la cura Cavasin nelle ultime giornate fece precipitare ulteriormente la situazione, con i doriani che addirittura, a distanza di un anno dallo splendido quarto posto, retrocedevano incredibilmente in Serie B. Nel frattempo il Palermo si qualificava per la finale di Coppa Italia: indimenticabili i rigori contro il Parma ai quarti o la semifinale di ritorno contro il Milan in cui il Barbera si tolse qualche sassolino dalle scarpe. Nell’atto conclusivo di Roma, però, non arrivò il lieto fine e per i rosanero ci fu da ingoiare un nuovo boccone amaro, come spesso è capitato da lì in avanti. Dieci anni fa due squadre lottavano inaspettatamente per il quarto posto davanti a una bolgia di tifosi, oggi, altrettanto inaspettatamente, non si gioca affatto e degli stadi pieni si dovrà fare a meno a lungo. Ed è così facile annegare nei ricordi…