Karolina Pliskova è una delle interpreti più apprezzate dagli appassionati, perlomeno da coloro i quali erano abituati ad un tennis femminile pregiato e tatticamente innovativo, figlio degli anni ’80-’90, e hanno vissuto peraltro l’evoluzione di questo sport sulla falsariga del gioco volutamente potente e aggressivo espresso storicamente dagli uomini. L’agonista ceca è un’ibridazione perfetta fra le bombardiere derivate dalla nuova scuola WTA, con Williams, Azarenka e Sharapova pioniere, e le estete, diminuite sensibilmente di numero con l’inizio degli anni ’00 e con ultime rappresentanti Henin, Mauresmo e Hingis.
La varietà di colpi nel bagaglio tecnico di Pliskova le hanno permesso di ottenere successi su qualsiasi superficie, dal cemento di Kuala Lumpur 2013, primo torneo conquistato, all’erba di Eastbourne 2019, passando per la terra rossa degli Internazionali BNL di Roma 2019. Il titolo sul rosso di Roma è stato fra i più emozionanti della carriera della tennista di Louny, in quanto espressione meravigliosa e completa delle sue caratteristiche tecniche fuori dal comune. Dopo aver superato ostacoli insidiosi come Kenin, Azarenka e Sakkari, Pliskova ha trovato di fronte a sé Johanna Konta, giocatrice devastante da fondo campo, ma complessivamente ricca di soluzioni risolutive e, se in giornata, capace di mettere a segno tanti punti diretti con la prima di servizio.
Il match è stato conquistato dalla giocatrice ceca, come sottinteso all’inizio del racconto, ed un punto in particolare ha racchiuso interamente l’essenza sportiva della protagonista, fulcro dei suoi sedici successi WTA in carriera. Sul punteggio di 6-3 2-3 e 15-30, Pliskova approccia con una prima concreta, prova a concludere con un dritto anomalo da metà campo, per poi far suo il punto con una stop-volley di rovescio sublime, a vanificare un interessante tentativo di passante da parte di Konta. Il 6-3 6-4 di Pliskova, in 1 ora e 25 minuti di gioco, ha mostrato insieme l’eleganza intima del suo gioco e la pragmatica voglia di vincere che la caratterizza.
Una finale e due semifinali, ecco i migliori risultati Slam della ceca classe ’92, eccellenti di certo, ma forse non abbastanza per quello che Pliskova ha offerto al tennis moderno, strizzando peraltro un occhio a quello ‘vecchia scuola‘. La meritocrazia non è sempre una legge esatta nel tennis, non sempre chi ha talento emerge, così come, in generale, nello sport e nel lavoro. Ad oggi, il successo di Pliskova a Roma rappresenta uno “Slam personale“, simbolicamente ritratto della “falsa somiglianza con il merito che propone la vittoria stessa” (Victor Hugo), di qualsiasi livello.