La campionessa di sci alpino Sofia Goggia ha raccontato a LaPresse il suo punto di vista sull’emergenza coronavirus trascorsa in prima linea nella città in cui è nata, vale a dire Bergamo, uno dei centri del contagio in cui si è vissuto uno dei momenti più difficili dell’evoluzione della pandemia in Italia: “Non è stato facile, si sentivano solo ambulanze e rintocchi di campane, quando abbiamo avuto l’apice è stata tosta. A Bergamo so che hanno fatto tutto il possibile per salvarsi, sono ancor più fiera di essere bergamasca perché anche in questa situazione abbiamo dimostrato di avere un’indole orobica, all’insegna del ‘zitti e menare, zitti e lavorare’, soffrendo ma senza urlarlo tanto al mondo e cercando di continuare a lavorare”.
L’oro a Pyeongchang 2018 parla del silenzio, della costante atmosfera di lutto e degli sguardi preoccupanti dei cittadini orobici nei giorni più complicati del picco: “La fila di camion militari con le bare l’immagine più forte? Sì, insieme alle strade vuote e a questo silenzio, che non era un silenzio normale ma un silenzio greve. E poi gli sguardi preoccupati delle persone quando andavi a fare la spesa, quello è stato impattante”.
E sulle pressioni che il mondo del calcio sta facendo sulla ripresa delle attività, a differenza di altre discipline: “Il calcio è lo sport che tira più in Italia a livello economico, quindi chiaramente ha bisogno forse anche di ripartire prima, ma proprio solo guardando l’aspetto economico delle varie società e delle varie aziende. Non mi voglio esprimere tanto in merito, però bisogna prima mettere in sicurezza tutti”.