Christian Constantin, presidente del Sion, in un’intervista al ‘Corriere del Ticino’ ha ha spiegato la sua posizione riguardo un eventuale ripresa del campionato di calcio elvetico: “Non possiamo vivere senza pubblico, è chiaro. Ma il punto è proprio questo: il calcio, pensateci, favorisce il contagio. In campo e sugli spalti. I giocatori non possono evitare i contatti, sudano, sputano. In tribuna la gente è ammassata. Il virus ci sguazza. Ricordate Atalanta-Valencia in Champions? Bastò quella singola partita per mettere in ginocchio Bergamo. Se non possiamo garantire la sicurezza di giocatori e spettatori, se non infondiamo fiducia, il calcio non potrà mai ripartire. E le porte chiuse, lo ribadisco, sono la fine di questo sport. Non c’è emozione”.
Constantin, poi, ha parlato anche dei licenziamenti di coloro che hanno rifiutato il lavoro ridotto: “In realtà, ho lanciato un segnale. Il lavoro ridotto, al momento di quella decisione, non era ancora stato approvato per i contratti a tempo determinato. Il mio punto era: cara Confederazione, se non includi questa categoria di lavoratori ti ritroverai presto con molti disoccupati in più. Perché una cosa deve essere chiara: senza partite noi non possiamo garantire i salari. Di più, senza il lavoro ridotto il calcio svizzero sarebbe già morto”.