Il calcio sta programmando una ripartenza, che possa avvenire in sicurezza nelle prossime settimane. Una delle ipotesi emersa negli ultimi giorni è quella di obbligare i giocatori a indossare mascherine protettive per scendere in campo. Il centrocampista uruguaiano Bernardo Laureiro, però, impegnato nel campionato del Nicaragua, ha decisamente scartato questa possibilità, ritenendola impraticabile.
L’idea delle mascherine in campo è arrivata direttamente dal virologo e consulente della Pro League belga Marc Von Ranst. Ma Laureiro, avendo già sperimentato in prima persona tale soluzione, pensa che non sia la scelta giusta per atleti che corrono per novanta minuti: “E’ stato un incubo. Lo abbiamo fatto inizialmente in segno di protesta, ma è infattibile. Io ho resistito solo 15 minuti, poi ho dovuto togliere la mascherina per evitare di soffocare. Senti di andare in debito di ossigeno e la temperatura diventa insopportabile. Manca il necessario ricambio d’aria e hai la sensazione che i polmoni non riescano più a incamerare ossigeno. Capisco la necessità di studiare misure che tutelino la salute dei giocatori ma è impensabile giocare con la bocca tappata”.
Il calciatore ha poi sottolineato: “Il calcio è uno sport di contatto. Inoltre durante una partita gli sforzi si moltiplicano e non si può pensare di limitare determinate funzioni corporee come la respirazione. Tra l’altro vorrei capire come si possa pensare di eliminare il rischio con una semplice mascherina. Il sudore è un altro elemento da considerare e di certo non evitabile. La verità è che pensare di giocare in totale sicurezza è semplicemente un’utopia, parola di chi è costretto a mettere in gioco la propria salute e quella dei propri famigliari come se il calcio fosse immune”.