Serie A

Ultras Sampdoria: “Ripresa del campionato? Non senza tifosi”

Tifosi Sampdoria - Foto Antonio Fraioli

Gli ultras della Sampdoria hanno divulgato un comunicato ufficiale riguardo l’attuale situazione del calcio italiano, viziato inesorabilmente dall’emergenza Coronavirus e sugli effetti della propagazione del virus sulla magia dello sport, spenta negli ultimi tempi. Di seguito le dichiarazioni in merito dei sostenitori blucerchiati: “Tutti noi ci siamo innamorati del calcio da bambini. Uno sport popolare, capace di incendiare le menti e i cuori di migliaia di persone. Negli anni i troppi soldi, i troppi interessi, il colpevole consegnarsi mani e piedi alle tv, hanno fatto in modo che il calcio diventasse un’industria. Che dà da mangiare a tanti, lo sappiamo, e non solo ai calciatori milionari, ma anche a lavoratori meno privilegiati, come ogni altra industria. Un’industria e non più uno sport, insomma: una deriva figlia di una politica ottusa e colpevole contro cui ci siamo battuti, per oltre vent’anni, convinti che il “sistema” sarebbe, per un motivo o per l’altro, imploso su se stesso. Ed ecco la dimostrazione: in una situazione emergenziale, senza nessuna certezza su come si evolverà, l’unico pensiero dei “signori del pallone”, che sono gli stessi che lo hanno portato in questo vicolo cieco, è quello di riprendere a giocare. Nient’altro importa“.

Il lungo appello alla razionalità degli ultras doriani ha puntato il dito, nuovamente, sulla cosiddetta industria calcistica: “I campionati devono riprendere, e pazienza se a porte chiuse. Ovvero senza i tifosi. I tifosi non contano, contano solo i soldi e finalmente tutti possono dire ‘il re è nudo’! E allora che si rimangino morali e slogan. ‘Il calcio è di chi lo ama’? Tutto sembra tranne questo. Noi invece siamo tifosi. Non riusciamo a concepire una partita di pallone in uno stadio spoglio di colore e di calore. Questa per noi è l’antitesi del calcio. Chiamatelo come volete ma non calcio. Il calcio è stato concepito in maniera totalmente diversa. Questo sarebbe solo uno show business, oltre che una mancanza di rispetto verso chi piange le proprie vittime; vorrebbe dire accettare passivamente la morte di questo sport. Un giorno si dovrà tornare a giocare, è quello che vogliamo anche noi, ma non così, non a queste condizioni, e soprattutto non a porte chiuse. Se invece queste davvero saranno le condizioni, per noi il campionato finisce qui. E quando si riprenderà, si dovrà fare solo in presenza di chi davvero rappresenta l’anima del calcio: i tifosi“.

SportFace