Pietro Vierchowod
Amarcord

Buon compleanno Vierchowod: i 61 anni dello ‘Zar’

Ivan Lukjanovič Verchovod era un artigliere di Kiev dell’Armata Rossa. Fu fatto prigioniero in Italia dove rimase per anni tra Bergamo e Bolzano. Con la pace e la fine della guerra, decise di restare in Italia, a Calcinate, in provincia di Bergamo. Qui il 6 aprile del 1959 nacque Pietro Vierchowod, figlio di quel prigioniero di guerra e di professione difensore centrale con il vizio di vincere tutto quel che c’è da vincere. Iniziò fin da bambino a lavorare come idraulico e il primo sport è l’atletica leggera che gli consentirà di diventare uno dei difensori più veloci della storia. “Il più veloce al mondo“, disse di lui Bearzot. Ma l’inizio non è dei più facili: la prima squadra è la Romanese in Serie D, poi il Como con cui in tre stagioni passa dalla C1 alla A. A 22 anni ha già collezionato sei gol con i professionisti, non male per un difensore e il vizio della rete non se lo toglierà mai: quando a 41 anni appenderà gli scarpini al chiodo, lo farà con 38 gol segnati in carriera. Nel 1981 il presidente della Sampdoria Mantovani lo acquista e lo presta alla Fiorentina. La stagione 1981-82 è eccellente e i viola sfiorano lo Scudetto finendo secondi alle spalle della Juventus. La sua annata da sogno gli permette di ottenere la convocazione per i Mondiali del 1982 ma a causa di un infortunio alla caviglia non fu mai impiegato.

La vittoria del titolo nazionale è solo rimandata di un anno: la Sampdoria lo spedisce di nuovo in prestito, questa volta alla Roma dove vince lo Scudetto alla guida di Liedholm che grazie alla presenza dell’ex Como poté utilizzare Di Bartolomei come libero. L’esperienza romana dura un anno e nel 1983 torna alla Sampdoria per restarci e dare il via ad una avventura che lo consacrerà come uno dei più grandi difensori della storia e come bandiera blucerchiata. A Genova resta per dodici stagioni consecutive e vince quattro Coppe Italia, una Coppa delle Coppe, uno scudetto e una Supercoppa italiana. Il rimpianto è quello più grande: la Coppa dei Campioni, persa in finale a Wembley contro gli spagnoli del Barcellona. Ma anche in questo caso, il successo è solo rimandato. Tutti i più grandi club europei iniziano ad adocchiarlo. Lineker lo consacrerà come “il difensore più duro da affrontare”, i duelli con Platini, Maradona, Van Basten e Batistuta divennero storici. Nel 1995-96 arriva il successo più importante: la Juventus lo acquista e con lui conquisterà la vittoria della Champions League in finale contro l’Ajax. Poi l’esperienza con più ombre che luci al Milan e infine l’approdo al Piacenza dove rimane per tre stagioni con tanto di gol salvezza all’ultima giornata contro la Salernitana che gli è valso il terzo posto come marcatore più anziano (40 anni e 47 giorni) della storia della Serie A. Nel 1998 disse: “Ritiro? Io ascolto le mie gambe”. E le gambe parlarono due stagioni più tardi, nel 2000, a quarantuno anni. Lo chiamavano ‘Zar’, per le origini sovietiche, il carattere ma anche per un codice d’onore che lo ha sempre contraddistinto. Nel 1994 declinò la convocazione ai Mondiali del 1994 per sostituire Baresi: “Dissi no, perché non mi andava di sperare negli infortuni dei compagni“. Anche questo è Pietro Vierchowod.

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