4 aprile 1982, nella venticinquesima giornata di Serie A si gioca Milan-Roma e il Bentegodi è praticamente sold out per questa sfida. Già, il Bentegodi di Verona, non il Meazza. Non si tratta di una svista, ma di una piccola storia maledetta in una stagione orribile per i rossoneri, che culminò con la seconda retrocessione in Serie B della storia del Diavolo, già finito all’inferno due anni prima per via dello scandalo del totonero. Questa volta, però, fu il campo a parlare: terzultimo posto da neopromossa e addio massima serie (anche se solo per un anno), e il fulcro di tutto fu probabilmente proprio la sfida contro i giallorossi, l’ultima sconfitta prima di tre vittorie e due pareggi che non bastarono a evitare il ritorno immediato in cadetteria. Ma perché si giocò a Verona e non a San Siro? Per rispondere a questa domanda è necessario fare un piccolo salto temporale, tornando indietro al 21 marzo e alla sfida che i rossoneri guidati da Galbiati dopo l’esonero di Gigi Radice, disputarono sul campo del Como allo stadio Sinigaglia.
CAOS A COMO – Il Milan si trovava nelle sabbie mobili della classifica, ma quella contro i lariani ultimi e ormai rassegnati alla retrocessione sembra l’occasione d’oro per il riscatto dopo il clamoroso ko interno contro il Catanzaro: i due punti in palio valgono tantissimo e il derby è infuocato in campo e fuori. C’è fiducia nella curva dedicata ai tifosi ospiti, ma ben presto il match si trasforma in un altro incubo per i rossoneri. A un minuto dall’intervallo Mossini sblocca il risultato, pronti via nella ripresa e c’è il raddoppio di Mancini. Il Diavolo prova a reagire e si procura un rigore, che però Antonelli spreca malamente, dagli spalti monta una rabbia senza eguali che sfocia purtroppo in un efferato episodio di violenza. Gli ultras rossoneri cominciano a lanciare pietre e altri oggetti sul terreno di gioco, e un sasso finisce per colpire in testa il capitano di quella squadra, vale a dire Fulvio Collovati, che si accascia a terra sanguinante. Il crollo dello stopper del Milan e della Nazionale, che di lì a poco si apprestava a vincere i Mondiali in Spagna, è l’immagine perfetta per descrivere quello che sarebbe successo ai rossoneri in questa stagione maledetta.
Collovati riporterà solo una brutta ferita ma senza troppe conseguenze, mentre a fine partita non mancarono gli scontri tra tifosi e forze dell’ordine: storie tese per oltre un’ora, coi giocatori costretti a non poter abbandonare gli spogliatoi e nel frattempo scene quasi di guerra nei pressi del Sinigaglia. Il giudice sportivo è forse fin troppo tenero con il Milan, seppur va riconosciuto che la società, guidata da circa due mesi dal nuovo presidente Farina, era anch’essa parte lesa: due giornate di squalifica del campo fu il responso e così i rossoneri si trovavano a dover giocare due sfide importantissime, peraltro consecutive, lontane dal proprio pubblico in una fase delicata della stagione. Il Diavolo scelse Verona come sede di questi due match in otto giorni: il primo appuntamento, contro l’Ascoli, terminò con uno scialbo 0-0 a riprova della scarsa vena realizzativa della squadra, che pure vantava una rosa di livello con Evani, Incocciati, Novellino e un giovane Tassotti, e poi ancora Baresi (che però stette fuori per quattro mesi a causa di una malattia), Maldera e il già citato Collovati. A sei giornate dal termine, però, i rossoneri erano terzultimi in campionato e serviva una scossa.
PER UN PUNTO – 4 aprile 1982, stadio Bentegodi, dicevamo. Il Milan ha bisogno di punti, ma la Roma è tra le migliori squadre del campionato e può vantare sul capocannoniere Pruzzo, che anche in questa occasione va in gol, firmando il raddoppio pochi minuti dopo la rete di Falcao. Baresi accorcerà le distanze a mezzora dalla fine, ma non basterà per evitare una sconfitta. Nelle ultime cinque partite i rossoneri si trasformano, vincendone tre e pareggiandone due. Non servirà però a evitare la retrocessione in Serie B e quella sconfitta contro i capitolini verrà ricordata a lungo: sarebbe bastato un pareggio in quel pomeriggio di primavera, e magari tra le confortevoli mura amiche del Meazza ci sarebbero state più chance di ottenerlo, per arrivare a pari punti con Genoa e Cagliari e conquistare la salvezza. I rossoneri, infatti, in quella coda brillante di campionato, avevano battuto il Grifone e pareggiato coi sardi, e in virtù dei match dell’andata poteva vantare gli scontri diretti a favore con entrambe.
TRISTE EPILOGO – Le speranze di salvarsi all’ultima giornata erano basse, ma resistevano ancora. Innanzitutto va detto che i rossoneri non avevano il destino nelle proprie mani: dovevano vincere, è vero, ma anche sperare in un passo falso di una tra Genoa e Cagliari. Il Milan giocava a Cesena e le cose si misero malissimo, visto che a venticinque minuti dalla fine il punteggio al Manuzzi recitava 2-0 per i romagnoli. Il Diavolo reagì d’orgoglio e con Jordan, Romano e Antonelli riuscì a conquistare una vittoria che lasciava ancora aperto uno spiraglio. Le notizie dal Sant’Elia non erano positive. I Cagliari era riuscito a fermare sullo 0-0 la Fiorentina e questo voleva dire due cose: salvezza per i sardi e i viola, in lotta con la Juventus per lo scudetto, costretti al secondo posto per un solo punto (i bianconeri vinsero, in caso di successo anche dei toscani ci sarebbe stato lo spareggio per assegnare il titolo). La partita fece però scalpore per via dell’annullamento del gol di Bertoni per un dubbio fallo sul portiere di casa Corti e non fece altro che acuire la fortissima rivalità dei gigliati nei confronti della Juve, campione d’Italia per il secondo anno consecutivo. Ai rossoneri non restava che sintonizzare le radioline sul San Paolo di Napoli, dove i padroni di casa ospitavano il Genoa: il secondo tempo era iniziato con alcuni minuti di ritardo per via del lancio di alcuni fumogeni e a quattro minuti dal termine i partenopei si trovavano in vantaggio per 2-1. Agli azzurri, però, bastava anche il pareggio per la qualificazione alla Coppa Uefa e i liguri riuscirono incredibilmente a conquistare il 2-2 con il gol di Faccenda sugli sviluppi di un calcio d’angolo scaturito da un clamoroso errore del portiere Castellini, che passò alla storia come “Quel pasticciaccio brutto del portiere napoletano”.
In poche parole, il Milan era appena retrocesso in Serie B. Se contro il Como non ci fosse stato quell’episodio di violenza… Se la sfida con la Roma fosse stata giocata al Meazza… I rimpianti si nutrono dei sé, è vero, ma resta indelebile la sensazione che la retrocessione dei rossoneri fu decisa proprio quel pomeriggio del 4 aprile al Bentegodi.