Amarcord

L’angolo del ricordo, la sfortuna di Charles Barkley: un “Sir” senza anello

Charles Barkley
Charles Barkley

30 marzo 2001: i Philadelphia 76ers ritirano la numero 34 di Charles Barkley, giocatore di Philly dal 1984 al 1992. L’anno precedente al ritiro della canotta è giunto il suo ritiro, con il quale è diventato il quarto giocatore nella storia della NBA a ritirarsi avendo superato in carriera sia i 20.000 punti (22.1 ppg) che i 10.000 rimbalzi (11.7 rpg) e i 4.000 assist (quasi quattro a partita), non aver conquistato un titolo di campione NBA.

Fu il primo giocatore a porsi realmente contro Micheal Jordan, o perlomeno ci ha provato: più precisamente questo è accaduto nella stagione 1992/1993. “You know, I’d always thought that I was the best player, to be honest with you. I always thought, Michael Jordan when he started winning, he just had more help than me. I think I’m better than Michael Jordan, sono queste le parole che Chuck ha riferito al suo arrivo ai Phoenix Suns a Cotton Fitzsimmons, allenatore di quella squadra. Barkley è stato il primo a fare a testate contro un muro che non considerava nemmeno la possibilità di perdere una finale e che quell’anno avrebbe conquistato il suo terzo anello consecutivo.

L’attuale opinionista di TNT era considerato all’inizio della sua carriera totalmente inadatto a fare sport, soprattutto a causa della sua forma fisica, compensata tuttavia da un mix di talento e da una personalità debordante. Del suo arrivo ai Sixers c’è qualcosa da raccontare: Philadelphia, per motivi di cap avrebbe potuto offrire a Charles solo 75.000$, non abbastanza per il Sir. Un mese prima del Draft 1984 Barkley riceve una telefonata dalla sua futura franchigia una telefonata che sa di minaccia: “Dimagrisci fino a 285 pound (dalle sue 300 abituali) o ti passiamo”. Chuck ci riesce, arriva a 283. La sera del Draft, in volo per Phila, il suo agente gli dice: “Lo sai che ti offriranno massimo 75.000$?” “75.000$? Devo lasciare Auburn per 75.000$? Questo è un problema”. Chuck si mangia anche i camerieri e si presenta con un ottimo peso forma di 302 pounds. Ecco, i Sixers se ne infischiano e lo draftano ugualmente, e ci penserà dopo il suo “Dad”, Moses Malone, a farlo dimagrire.

Barkley è uno dei forse 3 giocatori (Elgin Baylor e forse Karl Malone) al quale veramente la mancanza dell’anello viene ingiustamente rinfacciata e messa in mezzo ad ogni discorso (esempi massimi il collega Shaquille O’Neal e Kevin Garnett).
Approfondiamo la questione dell’MVP del 1993: due rivali, Mike da una parte, vincitore degli ultimi due e candidato al terzo con uno score personale di 33 punti, 7 rimbalzi, 6 assist e 3 rubate, dall’altra Chuck al primo anno ai Suns che ascendono rapidamente al grado di contender. Con Dan Majerle e Kevin Johnson a fianco le medie a tabellino sono impressionanti: 26 punti, 12 rimbalzi, 6 assist e 2 rubate. Alla fine, i giudici optarono per una novità e scelsero Sir Charles. MJ forse non la prese bene e, una volta incontrati i Suns di Barkley al termine di quell’anno, mise in piedi sei gare da spettacolo: 31, 42, 44, 55, 41 e 33 punti per completare il primo three-peat. Charles elevò comunque il suo gioco a livelli mai visti, scavalcando nettamente l’asticella del livello che lo aveva portato appena poche settimane prima all’MVP della regular season. Si caricò veramente la squadra sulle spalle, squadra che probabilmente pagava la poca abitudine a partite così importanti: a sua detta giocarono le prime due gare molto contratti contro dei Bulls in piena rincorsa. Si trovò semplicemente al momento sbagliato nel posto sbagliato contro il giocatore sbagliato.

Jordan e i suoi Bulls sono entrati nella storia, mentre Barkley ne è uscito mestamente, perdendo la grande occasione di vincere un anello con la sua unica finale disputata e, ironia della sorte, non potendo neppure approfittare del temporaneo abbandono di Jordan nei due anni a seguire, quando a chiudergli la strada verso la finale sono gli Houston Rockets di quell’Hakeem Olajuwon (prima scelta del Draft 1984, lo stesso di Barkley) che, al contrario, ha riempito il vuoto lasciato da Jordan conquistando due titoli di fila dopo aver eliminato in entrambe le serie dei playoffs proprio Phoenix nelle semifinali di Conference, prima del ritorno del figliol prodigo e di un altro tris vincente dei Chicago Bulls. Unica, non sappiamo quanto magra, consolazione per Barkley, è la conquista di un secondo oro olimpico consecutivo ai Giochi di Atlanta 1996, lui uno dei cinque reduci (assieme a David Robinson, Scottie Pippen, Karl Malone e John Stockton) del “Dream Team” di Barcellona 1992.

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