Amarcord

L’angolo del ricordo: la vita da guerriero di Alonzo Mourning, il Mago di Zo

Alonzo Mourning
Alonzo Mourning

27 marzo 2001: Alonzo Mourning torna sul parquet con la canotta dei Miami Heat e contro i Toronto Raptors dopo cinque mesi stop, terminando la stagione 2000/2001 con solo 13 partite disputate. Un vero proprio guerriero il “Mago di Zo”: ex centro di Miami, New Jersey e Charlotte. Stiamo parlando di un 210 centimetri per 120 chili con massa grassa pressoché inesistente, dinamico, potente, intimidatorio, una di quelle persone che è sempre meglio farsi amica nella vita. L’area era casa sua e gli avversari lì erano ospiti poco graditi, mentre in attacco volava letteralmente a livelli vertiginosi per poi lasciar cadere una pioggia di schiacciate sul malcapitato ferro avversario.

L’energia con cui lottava in ogni azione lasciava tutti senza parole e intanto i GM NBA prendevano nota. Al momento del Draft 1992 Mourning si presenta con un biglietto da visita che recita 25.9 punti, 13.1 rimbalzi, 2 assist e ben 6.1 stoppate a partita nel suoi quattro anni in NCAA a Georgetown. Non viene scelto con la prima chiamata assoluta soltanto perché ha la sfortuna di essere finito nelle stesso draft di Shaquille O’Neal, ma alla seconda chiamata Charlotte non si lascia sfuggire l’occasione. La sua stagione da rookie è stratosferica e le cifre ne sono la dimostrazione: 21 punti, 10 rimbalzi e 3.5 stoppate a partita ma anche questa volta Shaquille O’Neal fa la parte del guastafeste soffiandoli da sotto il naso il premio di Rookie of the Year.

Il miglior risultato a Charlotte arriva proprio nel suo anno da matricola quando, raggiunto il secondo turno di playoffs dopo aver battuto i Boston Celtics, viene eliminato per mano dei New York Knicks in 5 partite. All’inizio della stagione 1995/1996 gli Hornets decidono che è il caso di cambiare le carte in gioco e così lo cedono ai Miami Heat in cambio di Glen Rice e Matt Geiger. Le sue prime stagioni non sono propriamente come tutti si aspettavano: i grandi ( e invalicabili ) ostacoli che Mourning e compagni trovano lungo la strada verso l’anello possono riassumersi principalmente in due soggetti: Michael Jordan e i New York Knicks. Il primo, insieme ai suoi Chicago Bulls ( ancora loro ) elimina Miami ai playoffs del 1996 al primo turno in sole quattro gare mentre l’anno successivo li batte nuovamente in finale di conference. Ma la vera maledizione per Mourning e compagni è la squadra della Grande Mela che per tre stagioni di fila costringe la squadra della Florida ad abbandonare la postseason anticipatamente. Il rendimento sempre costante ed energico di Mourning in questi difficili anni comunque non passa inosservato tanto da valergli la convocazione per le olimpiadi di Sydney con Team USA poi vinte largamente dalla compagine americana.

Al suo ritorno in Florida però inizia il calvario per Alonzo, sicuramente la più grande sfida che il centro ex Georgetown abbia mai dovuto affrontato. Durante una visita medica di routine gli viene diagnosticata la GSSF, acronimo che sta per glomerulosclerosi segmentaria e focale. Una malattia che colpisce i reni, una malattia estremamente provante e che per un giocatore di basket corrisponde quasi certamente alla fine della sua carriera agonistica: per capire la gravità basta pensare che Mourning prima si allenava quasi ogni giorno sollevando 220 chili in panca piana mentre da quando i sintomi della malattia si sono fatti sentire il suo fisico si é ridotto talmente male da non riuscire a sollevare nemmeno 50 chili di panca. Si torna qui all’inizio della storia, con le 13 partite della stagione 2000/2001. Nella stagione 2001/2002, seppur con evidenti difficoltà fisiche Mourning riesce a giocare 75 partite dando il suo solito contributo alla squadra. Nella stagione successiva però una grave e improvvisa ricaduta stoppa nuovamente il centro degli Heat senza permettergli di poter mai mettere piede in campo. Nell’estate 2003 scade il suo contratto a Miami, ai Nets non va meglio: Mourning è costretto ad annunciare il suo ritiro.

Il rischio che le complicazioni sopravvenute compromettano gravemente la salute del giocatore é molto alto così i medici optano per un trapianto di rene offertogli da un suo cugino di New York, tale Jason Cooper. Quasi miracolosamente le sue condizioni migliorano vistosamente dopo l’operazione e così Mourning, da vero guerriero quale è ancora, si rimette in pista, o meglio in campo, per sfidare ancora una volta il suo destino. Nella stagione 2004/2005 però, nonostante un’apparente fiducia iniziale, i Nets appena hanno l’occasione di mettere sotto contratto il talento cristallino di Vince Carter spediscono Mourning in Canada insieme ad Eric Williams e Aaron Williams. La scelta societaria però non va proprio giù al centro ex Georgetown che obbliga Toronto a lasciarlo libero in modo tale da accettare la proposta di Miami e tornare finalmente a casa. Così a 35 anni Mourning decide di mettere a disposizione la sua esperienza alla causa dei suoi amati Heat, accettando di far da riserva, destino vuole, proprio a Shaquille O’Neal, lo stesso che gli aveva soffiato la prima chiamata assoluta al Draft 1992 e il Rookie of the Year del 1993.

La tenacia del guerriero viene premiata nel 2006: dopo una stagione di transizione arriva finalmente la vittoria del tanto ambito anello dopo aver liquidato alle Finals in sei gare i Dallas Mavericks. Nonostante le due stelle della squadra fossero Dwayne Wade e Shaquille O’Neil, Alonzo riesce ugualmente, anche grazie ad alcuni acciacchi fisici di quest’ultimo, a distinguersi tanto da disputare anche alcune gare in quintetto e piazzare 5 stoppate, una più decisiva dell’altra, nella cruciale partita finale: di seguito sue migliori giocate di quel match.

https://www.youtube.com/watch?v=tmabhQooAuk

La sua carriera termina ufficiosamente il 19 dicembre 2007 quando, nel primo quarto della partita contro gli Atlanta Hawks, il suo ginocchio destro cede e la diagnosi parla di rottura del tendine rotuleo e lesione al quadricipite. A conclusione di questa straordinaria storia penso bastino ampiamente le parole del presidente Obama pronunciate alla cerimonia in Miami ritirò ufficialmente il suo numero 33: “Voglio che tu sappia quanto siamo orgogliosi della tua straordinaria carriera, ma anche del modo in cui tu hai contribuito per il bene della comunità in tutti questi anni: sei stato, e continuerai a essere, un grande leader. Dio benedica la tua famiglia”.

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