Amarcord

L’angolo del ricordo, Kyrie Irving e il tiro della vita: oggi 28 anni per lui

Kyrie Irving - Foto Erik Drost CC-BY 2.0
Kyrie Irving - Foto Erik Drost CC-BY 2.0

Kyrie Irving oggi compie 28 anni, ma la sua carriera cestistica, così come la storia che conta per i Cleveland Cavaliers, è ferma al 20 giugno 2016: giorno in cui la monarchia fatta d’isolamenti dei Cavs su ogni singolo possesso ha battuto invece la democrazia e il ball movement dei Warriors, utilizzando le parole del defunto Kobe Bryant. Una monarchia alternata composta da LeBron James e per l’appunto dal numero 2, il quale ha monopolizzato palla e scena in occasione dell’azione che ha suggellato e portato il primo titolo in Ohio. Da quel momento Kyrie non è più riuscito a proporsi a questi livelli: i litigi a Boston, la mancata promessa di rinnovo, gli infortuni a Brooklyn e il chiedere (forse) la testa di Kenny Atkinson sono stati gli highlights di un giocatore che potrebbe e dovrebbe ambire a qualcosa di più: forse non è in grado di farlo da primo violino, e in tal caso la presenza di Kevin Durant l’anno prossimo potrebbe dare ulteriori conferme sul reale valore del nativo di Melbourne.

Il nativo di Melbourne che si è fermato a quest’azione. Mancano 69 secondi quando i Cavs escono dal timeout, cercando di far passare il pallone tra le mani di Irving: ciò accade con un pick and roll con J.R. Smith, con Stephen Curry costretto a cambiare difensivamente sul portatore di palla al posto di Klay Thompson. Il cronometro è tiranno e Irving non riesce a trovare spazi per battere in penetrazione l’avversario: decide quindi di danzare col pallone, finalizzando con lo stepback laterale proprio sull’ala destra dell’arco. La sfera schiaffeggia la retina con 53 secondi ancora da giocare, un canestro di un’importanza indescrivibile: prima di questo tiro Cavaliers e Warriors avevano combinato 12 errori consecutivi e l’ultimo canestro era stato siglato in penetrazione da Thompson a 4:39 dalla fine. Poi c’è stato solo Irving, costretto a saltare le Finals del 2015 a causa di una frattura al ginocchio in gara-1, lo stesso Irving che ha deciso di “matare” una squadra leggendaria con la migliore arma della squadra leggendaria, ossia il tiro dall’arco. I 53 secondi rimanenti potrebbero lasciare spazio a qualche altro gesto eroico, ma sono solo tre le cose da segnalare: la miriade di falli, Kevin Love che in qualche modo riesce a rimanere di fronte a Curry prima che quest’ultimo fallisca il tiro per il pareggio e LeBron James siglare uno dei due liberi a disposizione.

A posteriori il tiro di Irving non solo ha ricevuto la fama di essere il tiro che ha deciso un anello, ma addirittura la fama di tiro più importante nella storia dell’NBA: ad affermarlo è stato il Wall Street Journal. Più importante del tiro di Ray Allen in gara-6 delle Finals del 2013? Più importante del punto esclamativo di Micheal Jordan contro Utah in gara-6 del 1998? Più decisivo della tripla di Robert Horry contro gli Spurs inara-5 del 2005? O del tiro di Don Nelson che, dopo essere rimbalzato una volta sul ferro, ha consegnato nel 1969 l’ultimo titolo a Bill Russell? Sì, secondo gli analisti della testata è così, e i motivi per giustificare sarebbero anche troppi: gara-7, una Golden State da record con 73 vittorie, Cleveland sotto 3-1 nella serie e prima squadra a ribaltare il pronostico nella storia delle Finals, la tensione e il tumulto della Oracle Arena e il fatto che, dopo 335 minuti di pallacanestro, le due squadre fossero 699-699 cumulando i punteggi delle sette partite. Probabilmente la giustificazione migliore la diede al tempo David Griffin, general manager dei Cavs: “Mi ricordo di non aver respirato per un secondo, ho pensato ‘Dio, questo è il possesso più importante delle nostre vite’“.

 

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